Oggi 8 Maggio Letteratitudini rende omaggio alla Madonna del Rosario di Pompei

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Madonna del Rosario di Pompei 8 maggio (7 ottobre)

La Madonna del Rosario ha un culto molto antico, risale all’epoca dell’istituzione dei domenicani (XIII secolo), i quali ne furono i maggiori propagatori. La devozione della recita del rosario, chiamato anche salterio, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché faceva in modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani senza la necessità di leggere su un testo.
I misteri contemplati nella recita del rosario sono quindici, cinque gaudiosi, cinque dolorosi, cinque gloriosi. A questi nel 2002 Papa Giovanni Paolo II ha aggiunto i cinque misteri della Luce, che fanno meditare su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica di Gesù Cristo.
Alla protezione della Vergine del S. Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571. A seguito di ciò il papa s. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del S. Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre.
Il culto per il s. Rosario ebbe un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione. La Madonna del Rosario, ebbe nei secoli una vasta gamma di raffigurazioni artistiche, quadri, affreschi, statue, di solito seduta in trono con il Bambino in braccio, in atto di mostrare o dare la corona del rosario; la più conosciuta è quella in cui la corona viene data a s. Caterina da Siena e a s. Domenico di Guzman, inginocchiati ai lati del trono.
Ed è uno di questi quadri che ha dato vita alla devozione tutta mariana di Pompei; a questo punto bisogna parlare dell’iniziatore di questo culto, il beato Bartolo Longo.
L’avvocato Bartolo Longo nacque a Latiano (Brindisi) il 10 febbraio 1841, di temperamento esuberante, da giovane si dedicò al ballo, alla scherma e alla musica; intraprese gli studi superiori in forma privata a Lecce; dopo l’Unità d’Italia, nel 1863, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza nell’Università di Napoli.
Fu conquistato dallo spirito anticlericale che in quegli anni dominava nell’Ateneo napoletano, al punto da partecipare a manifestazioni contro il clero e il papa. Dubbioso sulla religione, si lasciò attrarre dallo spiritismo, allora molto praticato a Napoli, fino a diventarne un celebrante dei riti.
In seguito, ebbe contatti con il dotto domenicano padre Radente, che con i suoi consigli e la sua dottrina, lo ricondusse alla fede cattolica e alle pratiche religiose.
Intanto il 12 dicembre 1864 si era laureato in Diritto, ritornò al paese natío e prese a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali; rinunziò al matrimonio, ricordando le parole del venerabile Emanuele Ribera redentorista: “Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione”.
Superati gli indugi, abbandonò la professione di avvocato, facendo voto di castità e ritornò a Napoli per dedicarsi in un campo più vasto alle opere di beneficenza; qui incontrò il beato padre Ludovico da Casoria e la beata Caterina Volpicelli, due figure eminenti della santità cattolica dell’800 napoletano, i quali lo consigliarono e indirizzarono ad una santa amicizia con la contessa Marianna De Fusco.
Da qui, il beato Bartolo Longo ebbe una svolta decisiva per la sua vita; divenne compagno inseparabile nelle opere caritatevoli, della contessa che era vedova, inoltre divenne istitutore dei suoi figli e amministratore dei beni. La loro convivenza diede adito a parecchi pettegolezzi, pur avendo il beneplacito dell’arcivescovo di Napoli cardinale Sanfelice; alla fine decisero di sposarsi nell’aprile 1885, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino allora.
La contessa De Fusco era proprietaria di terreni ed abitazioni nel territorio di Pompei e Bartolo Longo come amministratore si recava spesso nella Valle; vedendo l’ignoranza religiosa in cui vivevano i contadini sparsi nelle campagne, prese ad insegnare loro il catechismo, a pregare e specialmente a recitare il rosario.
Una pia suora Maria Concetta de Litala, gli donò una vecchia tela raffigurante la Madonna del Rosario, molto rovinata; restauratala alla meglio, Bartolo Longo decise di portarla nella Valle di Pompei e lui stesso racconta, che nel tratto finale, poggiò il quadro per trasportarlo, su un carro, che faceva la spola dalla periferia della città alla campagna, trasportando letame, che allora veniva usato come concime nei campi.
Il 13 febbraio 1876, il quadro venne esposto nella piccola chiesetta parrocchiale, da quel giorno la Madonna elargì con abbondanza grazie e miracoli; la folla di pellegrini e devoti aumentò a tal punto che si rendeva necessario costruire una chiesa più grande.
Bartolo Longo su consiglio anche del vescovo di Nola, Formisano che era l’Ordinario del luogo, iniziò il 9 maggio 1876 la costruzione del tempio che terminò nel 1887. Il quadro della Madonna, dopo essere stato opportunamente restaurato, venne sistemato su un trono splendido; l’immagine poi verrà anche incoronata con un diadema d’oro, ornato da più di 700 pietre preziose, benedetto da papa Leone XIII.
La costruzione venne finanziata da innumerevoli offerte di denaro, proveniente dalle tante Associazioni del Rosario, sparse in tutta Italia, in breve divenne centro di grande spiritualità come lo è tuttora, fu elevata al grado di Santuario, centro del sacramento della confessione di milioni di fedeli, che si accostano alla Santa Comunione tutto l’anno.
Il beato Bartolo Longo istituì per le opere sociali, un orfanotrofio femminile, affidandone la cura alle suore Domenicane Figlie del Rosario di Pompei, da lui fondate; ancora fondò l’Istituto dei Figli dei Carcerati in controtendenza alle teorie di Lombroso, secondo cui i figli dei criminali sono per istinto destinati a delinquere; chiamò a dirigerli i Fratelli delle Scuole Cristiane.
Fondò nel 1884 il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei” che ancora oggi si stampa in centinaia di migliaia di copie, diffuse in tutto il mondo; la stampa era affidata alla tipografia da lui fondata per dare un’avvenire ai suoi orfanelli; altre opere annesse sono asili, scuole, ospizi per anziani, ospedale, laboratori, casa del pellegrino.
Il santuario fu ampliato nel 1933-39, con la costruzione di un massiccio campanile alto 80 metri, un poco isolato dal tempio, Nel 1893 Bartolo Longo offrì a papa Leone XIII la proprietà del santuario con tutte le opere pompeiane, qualche anno più tardi rinunziò anche all’amministrazione che il papa gli aveva lasciato; l’interno è a croce latina, tutta lavorata in marmo, ori, mosaici dorati, quadri ottocenteschi, con immensa cripta, il trono circondato da colonne, sulla crociera vi è l’enorme cupola di 57 metri tutta affrescata.
Il fondatore, morì il 5 ottobre del 1926 e come da suo desiderio fu sepolto nella cripta, in cui riposa anche la contessa De Fusco.
Aveva trovato una zona paludosa e malsana, a causa dello straripamento del vicino fiume Sarno, abbandonata praticamente dal 1659. Alla sua morte lasciò una città ripopolata, salubre, tutta ruotante attorno al Santuario e alle sue numerose opere, a cui poi si affiancò il turismo per i ritrovati scavi della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio.
È sua l’iniziativa della supplica, da lui compilata, alla Madonna del Rosario di Pompei che si recita solennemente e con gran concorso di fedeli, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Bartolo Longo è stato beatificato il 26 ottobre 1980 da papa Giovanni Paolo II. Il santuario è basilica pontificia e come Loreto è sede di un vescovo (prelatura) con giurisdizione su Pompei.

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