La scommessa per l’estate – Sul Coronavirus, dal Post

A inizio settimana il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, ha annunciato che dal prossimo 19 luglio in Inghilterra non sarà più obbligatorio indossare le mascherine in varie circostanze anche al chiuso, e che saranno rimosse le regole sul distanziamento fisico. Il suo governo vuole quindi proseguire con le riaperture, nonostante nelle ultime settimane la quantità di nuovi casi positivi rilevati sia continuata a salire, a causa della variante delta.

L’annuncio ha ricevuto varie critiche, sia da parte dell’opposizione laburista sia da alcuni esperti che avevano consigliato di attendere prima di rimuovere le ultime limitazioni. Inizialmente era previsto che fossero tolte a metà giugno, ma il piano era stato rimandato al 19 luglio in seguito alla diffusione della variante delta, contro la quale i vaccini sono efficaci a sufficienza solamente dopo la somministrazione della seconda dose. Il governo si è riservato di effettuare un’ultima verifica il prossimo 12 luglio, prima di procedere con il piano la settimana seguente.

Johnson ha detto in una conferenza stampa: «Se non andiamo avanti adesso quando abbiamo chiaramente fatto così tanto con la campagna vaccinale per rompere il legame [tra COVID-19 e morti, ndr] quando dovremmo farlo? Correremmo altrimenti il rischio di riaprire in un momento molto difficile quando il virus ha un vantaggio, nei mesi freddi, o di dover rimandare tutto al prossimo anno». 

Quella di Johnson e dei consulenti del governo per la pandemia è una scommessa basata sul fatto che circa il 64 per cento della popolazione in Inghilterra è completamente vaccinato, con percentuali più alte nelle fasce più a rischio, come anziani e altri soggetti fragili. All’aumentare dei casi positivi dovrebbe quindi esserci un minore aumento di ricoveri e decessi per COVID-19 rispetto alle precedenti ondate, e nel frattempo il coronavirus dovrebbe circolare senza causare troppi danni.

Non tutti sono però convinti che questo approccio possa funzionare e soprattutto sia sicuro. Ci sono preoccupazioni su un aumento dei ricoveri nelle prossime settimane, che potrebbero comunque mettere in difficoltà il sistema sanitario britannico, con ripercussioni sui servizi di assistenza per altri problemi di salute e malattie. Una maggiore circolazione del coronavirus farebbe inoltre aumentare il rischio di nuove mutazioni, che potrebbero fare emergere ulteriori varianti contro le quali non è detto che gli attuali vaccini siano efficaci. 

Il dilemma su come affrontare la diffusione della variante delta nei mesi estivi non riguarda solamente il Regno Unito. In Europa la variante continua a diffondersi velocemente e ha portato, per esempio, a un marcato aumento dei casi positivi in Spagna. Negli ultimi sette giorni i nuovi casi ogni 100mila abitanti sono stati 171, circa il triplo rispetto alla settimana precedente. 

Per ora il governo spagnolo ritiene che un aumento dei casi sia gestibile, grazie alla protezione offerta dai vaccini per gli anziani e ai minori rischi che corrono i giovani, che devono ancora completare il ciclo vaccinale. L’economia spagnola dipende molto dal turismo e nuove limitazioni potrebbero ridurre, per il secondo anno consecutivo, i ricavi derivanti dal settore.

L’andamento dei nuovi casi potrebbe però collocare presto la Spagna tra i paesi verso i quali le autorità sanitarie europee sconsigliano di muoversi, a causa dei maggiori rischi di contagio. Alcuni paesi europei, come la Francia, hanno già sconsigliato ai propri cittadini di raggiungere la Spagna e il Portogallo, altro paese dove si è rilevato un sensibile aumento dei nuovi casi.  E in Italia?
I nuovi dati che mostrano la diffusione nel nostro paese della variante delta sono stati pubblicati di recente dall’Istituto superiore di sanità: basandosi su un campione di 736 sequenziamenti eseguiti sui tamponi positivi del 22 giugno, la stima è che la variante delta riguardi il 22,7 per cento dei casi di positività rilevati, mentre quella alfa è scesa al 57,8 per cento, dopo che nella precedente rilevazione si era attestata quasi al 90 per cento.

L’indagine dell’ISS non ha rilevato casi di variante beta, mentre per quella gamma è stata accertata una diffusione all’11,8 per cento.

Nell’ultima rilevazione, che risaliva al 18 maggio, la variante delta era stata stimata all’1,1 per cento. La settimana
Dopo una costante riduzione durata oltre tre mesi, nell’ultima settimana c’è stato un leggero aumento dei nuovi casi rispetto ai sette giorni precedenti.

La crescita è stata piuttosto contenuta: dall’1 al 7 luglio sono stati trovati 5.808 contagi, il 13,1 per cento in più rispetto alla settimana dal 24 al 30 giugno. Con numeri relativamente bassi è ancora presto per capire se questo aumento sia dovuto a una causa specifica e circoscritta, come la scoperta di pochi focolai, o sia il segnale di una ripresa della trasmissione dei contagi. Nell’ultima settimana ci sono stati 152 morti, il 29 per cento in meno rispetto ai sette giorni precedenti. Come vi avevamo già raccontato in passato, l’andamento di questo indicatore è condizionato da riconteggi e ritardi che portano a inserire nelle tabelle regionali decessi risalenti ai mesi precedenti: è un problema piuttosto rilevante quando i numeri sono contenuti.

In nessuna regione è stata superata la soglia di 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti. La regione che ha registrato l’incidenza settimanale più alta è stata la Sicilia, dove sono stati trovati 17 casi ogni 100mila abitanti. 

Al momento in Italia 34,7 milioni di persone hanno ricevuto almeno la prima dose del vaccino contro il coronavirus, e di queste 21,9 milioni sono completamente vaccinate. Il 58,6 per cento della popolazione quindi ha ricevuto almeno una dose e il 37,1 per cento ha completato il ciclo vaccinale.

Il grafico qui sotto mostra l’andamento in media mobile della somministrazione delle prime dosi per fasce d’età: nell’ultima settimana c’è stata una riduzione delle vaccinazioni in tutte le fasce d’età. Qui trovate tutti gli altri grafici e dati, regione per regione.

Green pass
Da una settimana sono in vigore i “certificati COVID-19” europei, ovvero i “Green pass”, che consentono di circolare all’interno dell’Unione Europea senza particolari limitazioni. La certificazione viene rilasciata gratuitamente dalle autorità nazionali degli stati membri e attesta l’avvenuta vaccinazione, guarigione o negatività a un tampone (molecolare o antigenico).

Per viaggiare col “Green pass” europeo nei paesi membri e in quelli dell’area Schengen (Svizzera, Norvegia, Islanda, Liechtenstein), oltre che Andorra e Principato di Monaco, è necessario aver completato il ciclo vaccinale da almeno 14 giorni: quindi servono entrambe le dosi del vaccino. 

Indipendentemente dal paese in cui viene rilasciata, la certificazione contiene soltanto alcune informazioni fondamentali, come nome e cognome, data di nascita e data di rilascio, e altri dati pertinenti e necessari, per esempio la data del primo test negativo, in caso di guarigione. Ogni certificazione, inoltre, contiene una firma digitale del ministero della Salute che ha l’obiettivo di impedirne la falsificazione.

Qui trovate tutti i dettagli su come recuperare il vostro Green pass.

Rientri
Le cose sono un poco più complicate per viaggiare fuori dall’Unione Europea, perché ogni stato adotta propri criteri e limitazioni. Per gli italiani che abitano negli Stati Uniti, per esempio, è da molti mesi difficile fare rientro nei confini statunitensi. Da oltre un anno sono in vigore regole piuttosto rigide per chi ritorna da paesi che il governo statunitense considera a rischio, come il nostro.

Le misure restrittive imposte non valgono per tutti: sono esenti i cittadini statunitensi e le persone in possesso della Green Card – infatti da maggio possono venire in Italia per turismo – ma coinvolgono molti cittadini europei che hanno un visto di lavoro. Lo scorso 2 marzo il governo statunitense ha annunciato alcune modifiche ed eccezioni per favorire i rientri, ma la situazione non è molto migliorata.

Senza pubblico
Giovedì pomeriggio gli organizzatori delle Olimpiadi di Tokyo 2020, in Giappone, hanno deciso che non sarà consentito l’accesso del pubblico alle gare e agli eventi olimpici che si terranno nella capitale. La decisione è stata presa d’accordo con il governo giapponese e i rappresentanti dei Comitati olimpici e paralimpici, ed è arrivata dopo che giovedì mattina il governo giapponese aveva annunciato la reintroduzione dello stato di emergenza in tutta l’area metropolitana di Tokyo da lunedì 12 luglio fino almeno al 22 agosto.

In una conferenza stampa, la presidente del Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo, Seiko Hashimoto, ha detto che è «un peccato» dover limitare l’accesso alle gare olimpiche, e si è scusata con tutti quelli che avevano acquistato un biglietto. Alcune discipline si giocheranno in altre zone del Giappone dove per ora non sono previste particolari limitazioni e si potrebbe accogliere il pubblico contingentando i posti. Sputnik V
Sputnik V, il vaccino contro il coronavirus sviluppato in Russia, era stato accolto con qualche perplessità e scetticismo dagli esperti, ma a distanza di quasi un anno dalla diffusione le ricerche e i dati sembrano confermare la sua sicurezza e un’alta efficacia nel prevenire la COVID-19. Il vaccino è del resto ormai impiegato in quasi 70 paesi e ne sono stati distribuiti milioni di dosi, senza che siano emersi particolari problemi.

È una buona notizia, soprattutto per le nazioni più povere, ma al tempo stesso lascia aperte alcune questioni non secondarie sull’effettiva capacità della Russia e di altri paesi di rilevare eventuali eventi avversi dovuti alla vaccinazione.

I dati sugli effetti avversi sono ancora parziali e in molti casi carenti, ma quelli disponibili sono incoraggianti. Sputnik V non sembra causare i rarissimi casi di trombosi riscontrati con i vaccini di AstraZeneca e di J&J. A oggi non ci sono state segnalazioni di rilievo né da parte delle autorità sanitarie russe né da quelle degli altri paesi dove viene impiegato il vaccino.

Sputnik V è stato impiegato milioni di volte e in decine di paesi: nel caso di eventi avversi come le trombosi, qualche segnalazione a questo punto sarebbe probabilmente dovuta arrivare. La Russia dovrebbe essere il punto di riferimento, considerato che è il paese dove si sta impiegando quasi esclusivamente Sputnik V: il sospetto è che gli eventuali rari casi di trombosi passino inosservati, sia perché c’è una maggiore ritrosia a ricorrere al sistema sanitario russo da parte della popolazione, sia perché nelle aree più isolate i medici non hanno spesso strumenti o possibilità di effettuare ulteriori accertamenti per verificare che cosa abbia causato una trombosi cerebrale.

Obbligo
In  Tagikistan, repubblica dell’Asia centrale, la vaccinazione contro il coronavirus è stata da poco resa obbligatoria per tutte le persone con più di 18 anni. Tutti i tagiki maggiorenni non ancora vaccinati dovranno prendere un appuntamento per farlo. Finora nessun altro paese del mondo aveva obbligato la popolazione in generale a vaccinarsi. Non è chiaro comunque come farà il governo ad assicurarsi che l’obbligo sia rispettato.

La decisione è arrivata contestualmente a un aumento di contagi da coronavirus nel paese: il ministero della Salute ha detto che il 2 luglio sono stati registrati 25 nuovi casi e che due persone sono morte di COVID-19. Gli abitanti del Tagikistan sono 9,6 milioni e attualmente meno dello 0,2 per cento della popolazione è completamente vaccinato. 

Riavvicinarsi
Grazie alle campagne vaccinali contro il coronavirus, negli ultimi mesi vari paesi hanno allentato le restrizioni per prevenire nuovi contagi, con la conseguenza che in giro si respira un’aria più rilassata e si cominciano a rivedere scene a cui ci eravamo disabituati: stadi pieni di tifosi, affollate manifestazioni del Pride, e vecchi e nuovi concerti e festival, tra le altre cose. Vederle fotografate fa un certo effetto. Persone in discoteca a Losanna, Svizzera, 26 giugno (Valentin Flauraud/Keystone via AP)
Previsioni
Disponiamo di numerosi strumenti per fare previsioni di vario tipo, ma l’ultimo anno e mezzo di pandemia li ha messi in crisi, almeno in parte. Uno dei campi in cui l’incertezza appare maggiore è l’economia: prevedere come evolveranno grandezze macroeconomiche come l’occupazione e l’inflazione si sta rivelando ancora più difficile che in passato.

Alcuni esperti ritengono che in questo periodo chiunque dica di sapere esattamente cosa succederà all’economia in realtà stia mentendo. Il problema è che strumenti come l’analisi delle serie storiche (cioè serie di dati distribuiti in ordine di tempo) e più in generale i modelli che tentano di spiegare i fenomeni in base all’osservazione delle interazioni tra fatti avvenuti in passato smettono di funzionare quando il presente diventa improvvisamente diversissimo dal passato. Proprio come succede, per esempio, in una pandemia globale.

Film / 1
Restando sulle incertezze e la difficoltà di fare previsioni: da qualche anno è diventato molto difficile stimare l’effettivo successo di un film. Prima della pandemia poteva essere per lo meno quantificato con i dati dei biglietti venduti nei cinema, per quanto il sistema fosse comunque lacunoso. Nell’ultimo anno e mezzo la visione dei film è stata per lo più in streaming, direttamente tramite le piattaforme che sono spesso le stesse produttrici dei film e che raramente diffondono dati. 

Dei servizi in streaming di oggi possiamo dire, a patto di prendere per buono quello che dicono le aziende stesse, quanti sono i loro iscritti complessivi, e quindi quanto e come crescono nel tempo. Si sa, per esempio, che Discovery ha 15 milioni di abbonati, che nei primi tre mesi del 2021 Netflix ne ha aggiunti circa 4 milioni agli oltre 200 milioni che aveva, che Disney+ ci ha messo meno di un anno per passare da 50 a 100 milioni di iscritti, e che gli utenti Amazon che possono usufruire di Prime Video sono più di 200 milioni.

Non sappiamo però (o non abbiamo dati recenti e chiari al riguardo) chi abbia scelto Prime per vedere i suoi video o, magari, giusto per ricevere prima certi prodotti, quanti sono gli abbonati italiani a Netflix e, soprattutto, quante persone abbiano guardato o stiano guardando un certo contenuto su ognuna di queste piattaforme. Non sappiamo più quanta gente guarda i film.

Film / 2
Martedì 6 giugno è iniziata la 74esima edizione del Festival di Cannes, che si concluderà sabato 17 luglio con l’assegnazione della Palma d’oro. Il Festival era stato posticipato di un paio di mesi per via della pandemia ed è tornato dopo un anno di assenza proprio a causa del coronavirus: nel 2020 la Palma d’oro non era stata assegnata, ma quell’edizione era stata comunque conteggiata come la 73esima, perché erano stati scelti e annunciati i film della cosiddetta “selezione ufficiale”.

Noi ci sentiamo come sempre giovedì prossimo: è una previsione che ci sentiamo di fare. Nel frattempo, vi lasciamo con un po’ di spunti su podcast e audiolibri da ascoltare (quelli gratuiti del Post li trovate qui). Ciao!

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