L’Amministrazione Comunale ha commemorato i caduti del 9 settembre 1943

Cancello ed Arnone (Matilde Maisto) – Il 12 settembre 2015, nella cornice dei festeggiamenti in onore di Maria SS. delle Grazie, l’amministrazione comunale ha commemorato i caduti del 9 settembre 1943,attuando il seguente programma:
Ore 17:00 Santa messa officiata dal rev.mo don Sabatino Sciorio
Ore 19:30 Processione
Ore 20:00 Deposizione corona di alloro ai caduti.

Alla presenza di autorità civili, politiche e religiose, come ogni anno, il Sindaco, dopo aver ringraziato tutti i presenti, a nome di tutta l’Amministrazione Comunale e suo personale, ha ricordato gli eventi luttuosi che avvennero in quella fatidica mattinata del 9 settembre 1943.
Siamo riuniti in questa giornata della memoria per glorificare i nostri martiri di una guerra ingiusta – egli ha detto. I bambini, le donne, gli uomini che impreziosirono, il 9 settembre 1943, con la loro fede operosa la città di Cancello ed Arnone.
Dalla rassegna di testimonianze ho avuto la percezione degli accadimenti di quel giorno – Egli dice – Il piccolo centro rannodato attorno alla sua chiesa era in quella mattina in un clima di festa!!! Aleggiava un unico desiderio tra i nostri concittadini, condividere in preghiera un ringraziamento per la fine di una guerra tormentata e sanguinaria che tanto terrore aveva seminato.
La comunità si raccolse verso le ore 10,30 di 71 anni fa nella Chiesa dedicata a Maria SS. delle Grazie, offrendo se stessa in olocausto, quasi ad espiazione di una resistenza passiva. Il ringraziamento fu funestato, da lì a poco, da un bombardamento anglo-americano, intervenuto in risposta di un attacco proferito da una contraerei tedesca.
Le testimonianze raccontano di un tonfo assordante, una nuvola di fumo, e poi… Poi morte. Lo scenario desolante traspare in ogni ricordo, cumuli di macerie, distruzione di intere famiglie, di secolari sacrifici, di testimonianze dirette, di passati gloriosi e di memorie di vite vissute.
Presumo, egli continua, che quei caduti immolati sull’altare sacrificale della comunità abbiano inciso con il loro sacrificio nelle coscienze di quanti si sono adoperati per la ricostruzione, stimolandone attivismo, solidarietà e laboriosità. Ancora oggi c’è chi piange i suoi affetti, l’amico tenuto per mano, la madre, il fratello complici nell’avvento alla salvezza, la lunga corsa verso la vita, spezzata, privata dall’amore domestico, aperta ad un futuro difficile di sofferenze, di paure e di ricordi indelebili.
L’armistizio dell’8 settembre fu accolto con gli onori della festa della libertà, tuttavia lungi dall’essere la soluzione dei mali patiti, fino ad allora, per una guerra pretestuosa ed ingiusta, segnò l’inizio di efferatezze naziste nei confronti di una popolazione inerme accusata di tradimento.
Io, figlio di una generazione che non ha conosciuto la guerra, non ha vissuto le ansie, le speranze, i tormenti, il rumore assordante delle bombe, raccolgo con onore il monito dei miei nonni e mi spingo affinché il ricordo degli eventi bellici, sublimato dalla esperienza di questo popolo, costituisca vigile garanzia della dignità della persona umana. Mai più odio! Sì al progresso, alla giustizia, alla pace.

1 bis

 

 

 

 

 

 

 

 

ALLE FRONDE DEI SALICI: E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore/ fra i morti abbandonati nelle piazze/ sull’erba dura di ghiaccio/ al lamento d’agnello dei fanciulli/ all’urlo nero della madre/ che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo?/ Alle fronde dei salici/per voto/ anche le nostre cetre erano appese/ oscillavano lievi al triste vento/ Salvatore Quasimodo

La lirica del 1946, tratta dalla raccolta “Giorno dopo giorno”, documenta l’incontro della poetica ermetica con i temi resistenziali ed il tentativo di Quasimodo di creare una poesia impegnata, aperta alle fortissime suggestioni morali ed emotive di avvenimenti tanto tragici. Lo spunto è offerto dal salmo biblico della cattività babilonese (<<Sospendemmo ai salici le nostre cetre.Come potremmo cantare il cantico del Signore in una terra straniera?>>), utilizzato per esprimere l’impossibilità della poesia (da qui ermetismo, ossia poesia chiusa ermeticamente) di fronte alle atrocità commesse dagli occupanti tedeschi durante la guerra. La lirica si risolve in un lungo interrogativo, nel quale sono rappresentate tali atrocità <<i morti abbandonati nelle piazze>>, il <<lamento d’agnello dei fanciulli>>, l'<<urlo nero della madre>>, e in una frase conclusiva, in cui compaiono a simboleggiare la poesia le <<antiche cetre>> appese ai salici, oscillanti al <<triste vento>> dell’angoscia di quei giorni. Il testo, molto suggestivo, può essere letto anche come dichiarazione di poetica: la sospensione della poesia durante gli anni dell’oppressione sembra significare la volontà di fare poesia diversa e nuova, ora che tale oppressione ha lasciato un’impronta incancellabile nella coscienza degli uomini. E’ stata qui ricordata la bellissima poesia di Salvatore Quasimodo perché in modo realistico fa rivivere le atrocità vissute a Cancello ed Arnone in occasione del bombardamento del 9 settembre 1943. Dunque la storia di un paese simile alla storia di una città, di una nazione, di un continente, del mondo!

Come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento.

Foto dell’evento:

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