LEGGENDA AFRICANA ” IL FIGLIO DEL VENTO”

 Il figlio del vento una volta era un uomo. Quando era un uomo, andava sempre a caccia e faceva ruzzolare una palla; ma poi diventò un uccello e così volava, non camminava più come faceva quand’era un uomo. Quando si trasformò in un uccello, volò in alto e andò a stare in un nido sulla montagna. Il nido sulla montagna era casa sua, e ogni giorno lui volava e poi, più tardi, tornava. In questo nido dormiva, e la mattina, appena sveglio lo lasciava pre andare in cerca di cibo. Lo cercava dappertutto e mangiava, mangiava, mangiava finché era sazio. Poi tornava nel suo nido sulla montagna per dormire. Ma quand’era uomo, se ne stava zitto e buono. Una volta, mentre faceva ruzzolare la sua palla, gridò a Natati:

– Nakati, guarda come corre!

E Nakati esclamò:

– O compagno, è proprio vero corre!

Lo chiamò compagno perché non sapeva il suo nome. Ma era stato proprio colui che è il vento a dire:

– Nakati, guarda come corre!

Però, siccome non sapeva come si chiamasse, Nakati andò a domandarlo a sua madre:

– Madre – disse – dimmi come si chiama quel nostro compagno laggiù. Lui mi chiama per nome, ma io non so il suo, e vorrei saperlo, quando gli rimando la palla.

– No, per ora non ti dirò come si chiama, te lo dirò e ti permetterò di dirlo soltanto quando tuo padre avrà fatto un riparo solido alla nostra capanna. E allora, quando ti dico il suo nome, appena l’ ho pronunciato devi subito scappare e correre a casa, così potrai rifugiarti dietro il riparo della capanna.

Natati andò ancora a giocare col suo compagno e a far ruzzolare la palla. Quando smisero, Nakati tornò ad interrogare la madre, e lei esclamò:

– Lui è erriten-kuan-kuan, è gau-gaubu-ti!

Il giorno dopo Nakati andò d nuovo a giocare a palla col suo amico. Però non pronunciò il nome del compagno di gioco, perché la madre l’aveva avvertito di stare zitto su quel argomento, anche quando l’altro lo chiamava per nome. Gli aveva detto:

– Quando arriverà il momento che potrai chiamarlo per nome, devi scappare subito a casa.

E Nakati andò ancora a giocare a palla con l’amico, continuando a sparare che un giorno suo padre avrebbe finito di fare il riparo per la capanna. Finalmente vide che il padre si era seduto, che aveva finito. Allora, quando vide questo, gridò:

– Guarda come corre, o erriten-kuan-kuan! Guarda come corre, o gau-gaubu-ti!

Lo disse, ed immediatamente scappò via corse a casa. Subito il suo compagno cominciò a pencolare, e poi cadde. Disteso là per terra, sferrava calci terribili sul vlei. E mentre lui scalciava, le capanne volavano via, i cespugli sparivano, e la gente non riusciva a vedere per la gran polvere. Così soffiava il vento. Quando la madre del vento uscì dalla sua capanna per prenderlo e rimetterlo in piedi, lui si divincolò perché voleva restare per terra. Però la madre lo agguantò stretto e lo rimise in piedi. E così, per via di tutto questo, noi che siamo i Boscimani diciamo:

– A quanto pare il vento sta per terra, perché soffia forte. Quando il vento sta in piedi, allora sta zitto e buono. Lui fa così. Il rumore che si sente lo fa con le ginocchia; ecco che cos’è che fa quel rumore. Avevo desiderato che soffiasse gentilmente per noi, cos’ potevamo uscire, e salire su quel posto laggiù, e guardare il letto di quel fiume laggiù, che sta dietro la collina. Perché abbiamo stanato le gazzelle da quel posto. Sono andate al letto prosciugato di quel fiume laggiù, che sta dietro la collina.

 

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