Letteratitudini parla di Giuseppe Ungaretti:vita, opere e pensiero

ecco il link su FB della giornalista Matilde Maisto
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La vita

Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, da genitori di origine lucchese.
Studia fino al 1905 presso la Scuola Svizzera di Alessandria; ha modo di conoscere la poesia francese contemporanea che, unitamente a quella di Leopardi, gli suscita le prime emozioni letterarie.

Terminati gli studi frequenta i circoli culturali della città e, anche tramite i giornali francesi, approfondisce la conoscenza del Decadentismo.
Frequenta Enrico Pea, emigrato ad Alessandria nel 1906, e viene così a conoscenza degli ideali politici socialisti e anarchici, che Pea coltiva.
In questi anni intrattiene anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini, direttore della “Voce”.

Nel 1912 parte per Parigi per frequentare l’università; sosta in Italia, che ancora non conosce, e prende contatto con Prezzolini.
A Parigi entra a far parte di un mondo culturale ricco di fermenti e di personalità d’eccezione. Segue le lezioni di filosofi come Bergson e Bédier, conosce i poeti Apollinaire e Breton, i pittori Braque, Picasso, de Chirico, Modigliani.
Frequenta anche Marinetti  e altri intellettuali italiani di chiara ispirazione futurista.

Allo scoppio della prima guerra mondiale si trasferisce a Milano, dove conosce il pittore Carlo Carrà e inizia a collaborare, pubblicandovi le prime poesie, con la rivista “Lacerba”.
Prende parte attivamente alla campagna “interventista”; quando l’Italia entra in guerra nel maggio 1915, si arruola subito ed è inviato al fronte.
Combatte come fante sul Carso (l’esperienza gli ispira le poesie di IL PORTO SEPOLTO, edito nel 1916) e, verso la fine della guerra, in Francia.
Nel dopoguerra torna a Parigi, lavora presso l’ambasciata italiana ed è corrispondente del “Popolo d’Italia”, fondato da Mussolini.
Pubblica una raccolta di versi in francese, La Guerre, e collabora a riviste letterarie.

. Nel 1919 esce, in Italia, la raccolta ALLEGRIA DI NAUFRAGI, comprendente anche le poesie del 1916.
Nel 1921 si trasferisce a Roma, impiegato presso il  Ministero degli Esteri; pubblica articoli di viaggio e tiene conferenze, anche all’estero, sulla poesia.
Nel 1931  è inviato speciale della “Gazzetta del Popolo” (collabora anche con periodici di prestigio come saggista, oltre  che con due riviste letterarie francesi) e inizia una fase della sua vita ricca di viaggi e di conferenze.
Nel 1933 la pubblicazione di “Sentimento del tempo” lo consacra come poeta maturo.
Nel 1936 pubblica il primo volume delle “Traduzioni” (le ultime usciranno nel 1965, nelle quali traduce soprattutto dall’inglese, dal francese e dallo spagnolo).
Nel medesimo anno accetta l’offerta di insegnare italiano all’Università di San Paolo del Brasile. L’esperienza è interessante, ma questi anni sono funestati prima dalla morte del fratello, poi del figlio Antonietto.
Costretto a tornare in Italia nel 1942 (il Brasile è in procinto di dichiarare guerra all’Italia ), ottiene l’incarico di docente di letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma; viene anche nominato Accademico d’Italia.
Sempre nel 1942 pubblica tutte le poesie nella raccolta mondadoriana “ Vita d’un uomo”.
Nel 1934 e 1944 vive la tragedia di Roma occupata dai nazisti; anche questa esperienza, come quella di fante della prima guerra mondiale, lascia un segno profondo nella sua poesia.
Nel clima di “ epurazione” del secondo dopoguerra Ungaretti, che aveva aderito al fascismo e che era stato nominato docente universitario “per chiara fama” cioè per chiamata diretta del Ministero, senza concorso; rischia di perdere la cattedra: la sua posizione di poeta non disposto ad allinearsi alle nuove tendenze politiche gli causa un certo isolamento negli ambienti culturali, che non scalfisce però la sua fama.
Ormai considerato un “classico”, Ungaretti vive un periodo ricco di riconoscimenti e di lavoro: pubblica nel 1947 “Il dolore” , nel 1950 “ La terra promessa”, nel 1952 “Un grido” e “Paesaggi”, nel 1960 “Il taccuino del vecchio”.
L’edizione definitiva dei suoi versi  è del 1969 “Vita d’un uomo. Tutte le sue poesie”.
Muore nel 1970 a Milano .

Le opere e i temi

Il dolore

L’atteggiamento poetico di Ungaretti è in sintonia con la sua concezione della vita e con una religiosità che, piuttosto implicita ma già presente nella prima raccolta “L’allegria”, diventa man mano sempre più dichiarata nelle successive opere, anche se non è legata  a una precisa confessione religiosa.
Il punto di partenza di Ungaretti uomo è, per sua affermazione il dolore, “uomo di pena” di definisce.
Egli si veste di vari aspetti: nella prima raccolta si identifica soprattutto con l’esperienza della guerra e, quindi della morte e della sofferenza; successivamente in “Sentimento del tempo” egli scopre il vuoto interiore, la  mancanza di Dio, la propria fragilità umana. Poi in “Il dolore” vi è ancora l’esperienza del dolore, sia personale (la morte del fratello e soprattutto del figlio ) sia universale (la guerra).
Dal dolore nasce però sempre una condizione positiva.

L’Allegria”, (in un primo tempo il titolo era “Allegria di naufragi”) è testimonianza di una ferma volontà di vivere e di un sentimento di autentica fratellanza con gli uomini.

Sentimento del tempo” segna la conquista di un senso religioso della vita, in quanto il poeta si sente spinto a trovare valori eterni, quindi religiosi, e a riscoprire in sé una sepolta innocenza.
Anche le ultime raccolte sono caratterizzate non solo dal dolore ma dalla speranza e, in senso molto personale, dalla preghiera.

L’ALLEGRIA

La raccolta “L’Allegria” del 1931, comprende le poesie scritte a Milano fra il 1914 e il 1915, quelle composte durante il primo anno di guerra e pubblicate nel 1916 col titolo “Il porto sepolto”, e le successive scritte sino al 1919 già edite a Firenze come “Allegria di naufragi”.
Il nucleo più importante verte sull’esperienza di soldato compiuta da Ungaretti nelle trincee, dove si è sempre a contatto non solo con la morte, ma soprattutto con la “fisicità” di questa, come è ben reso in Veglia : “Un’intera nottata /buttato vicino/ a un compagno / massacrato”.
Per contrasto, l’ossessiva presenza della morte conferisce al poeta una grande passione per la vita e un intenso sentimento di fratellanza verso gli uomini.
Qui sta anche il significato del titolo, che riporta allo stato d’animo del naufrago che è sfuggito alla morte e che vuole vivere, nonostante tutto (“E subito riprende/ il viaggio /come / dopo il naufragio / un superstite /  lupo di mare” ).
Della vita che si può perdere da un momento all’altro si apprezzano le cose che veramente contano, e che sono appunto quelle che il poeta rappresenta, con parole anch’esse ridotte all’essenziale.

“Fratelli”, “San Martino del Carso”, “Soldati”, sono liriche in cui, senza la minima retorica, Ungaretti rende le sensazioni del suo stato d’animo durante i giorni di guerra.
Alcune composizioni “In memoria”, “I fiumi” rimandano invece alla sua esperienza, precedente la guerra, di “sradicato” che cerca una patria.
Altre hanno come argomento la poesia stessa, come “Poesia” e come “Il porto sepolto”, la lirica che dà il titolo alla prima raccolta.

La poesia di Ungaretti equivale a una discesa nelle profondità dell’io, per riportare alla luce frammenti di verità: questi possono consistere anche in brevissime immagini, suscitate nel poeta dalla contemplazione della natura, come la notissima “Mattina” (“M’illumino / d’immenso” ).
In questo caso il poeta celebra l’innocenza, quello stato d’animo puro e vergine di chi  contempla il mondo e si sente parte vibrante di esso, senza alcuna mediazione di pensiero, ma per istintiva partecipazione alla vita.
Le sue parole, che sono poche, quasi “scarnificate” e ridotte all’osso, scandite e isolate da lunghi silenzi, sono il risultato di questo lavoro di scavo in sé stesso, favorito dall’esperienza di fante nelle trincee della Grande guerra ma che era iniziato già negli anni parigini.

ALCUNE BELLISSIME POESIE DI GIUSEPPE UNGARETTI:

 Veglia

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio,
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

Fratelli

Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte.
Foglia appena nata.
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità.
Fratelli.

San Martino del Carso

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro.
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto.
Ma nel cuore
nessuna croce manca.
È il mio cuore
il paese più straziato.

Mattina

M’illumino
d’immenso.

Soldati

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.

Agonia

Morire come le allodole assetate
sul miraggio.
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato.

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