L’OMELIA DI DOMANI, 1^ DOMENICA DI DICEMBRE C.A., CURATA DA DON FRANCO GALEONE.

2 dicembre 2018  – Prima Domenica di Avvento (C)

VIETATO DORMIRE. LA LIBERAZIONE È VICINA!

a cura del Gruppo biblico ebraico-cristiano

השורשים  הקדושים

francescogaleone@libero.it

Prima lettura: Io farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia (Ger 33, 14).                                                          Seconda lettura:  Il Signore renda saldi e irreprensibili i vostri cuori al momento della sua venuta  (1 Ts  3, 12).                                                                                                                                                                                                   Terza lettura:  La vostra liberazione è vicina!  (Lc 21, 25)

  1. Il Signore che viene. Cominciamo con gioia e con tremore un nuovo anno liturgico. E’ il primo giorno dell’anno, secondo il calendario della chiesa. Tenteremo di rileggere il Vangelo di Luca come una realtà viva. Lo scriveremo insieme questo Vangelo del Tertio Millennio Ineunte. In questo nuovo anno liturgico ripercorreremo le tappe della vita del Signore, della vergine Maria, dei Santi. Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione, Pentecoste … ogni anno le stesse feste ma con una partecipazione più intensa. Nelle nostre famiglie saremo testimoni della crescita dei figli, delle manifestazioni quotidiane dell’amore, dell’intreccio continuo di gioie e dolori. Tutto è grazia! Come diceva Mario Pomilio, ogni generazione, ogni persona può riscrivere il suo “quinto Vangelo”. Sarà bello ogni settimana ritrovarci per riflettere, confrontarci con la parola di Dio, per cercare di migliorare anche solo un piccolo tratto della nostra vita. A cominciare da questo primo appuntamento dell’Avvento, dove l’evangelista Luca ci invita a pregare. Pregare, oggi, ne abbiamo tutti un gran bisogno, ma come pregare? L’ho chiesto un giorno ad una suora clarissa di Perugia: “Pregare vuol dire camminare con Dio, mano nella mano, nella gioia e nel dolore, guardandolo negli occhi e lasciandoci guardare”. Così mi ha risposto, più con la luce dello sguardo che con le parole.
  2. Questo tempo di Avvento che ci prepara al Natale sembra simile a quello di Quaresima che ci prepara alla Pasqua: non si canta il gloria; il colore è il viola, niente fiori sull’altare … ma quello che caratterizza l’Avvento non sono le penitenze o i digiuni, bensì la gioia e l’attesa; i fedeli lo hanno ben compreso partecipando alle due novene, dell’Immacolata e del Natale. Gioia, attesa, perché arriva il personaggio più importante della storia. Le grandi pulizie in casa sono solo un simbolo della pulizia nella vita. Il paradosso è questo: Colui che viene, è già venuto, e verrà. Che verrà, ce lo ricorda il Vangelo di questa domenica e il credo che professiamo: “E di nuovo verrà nella gloria”. Che sia già venuto lo dimostra il fatto che noi ricordiamo la sua nascita: duemila anni fa. Che venga ogni anno significa che noi stentiamo a farlo entrare nella nostra vita, che deve ancora e meglio nascere, che deve venire alla luce nelle nostre notti. Sarà bene ricordarci che Cristo non viene per una visita di cortesia, uno “scambio” di idee, ma per un “cambio” di mentalità. Ce lo suggeriscono i cinque imperativi del Vangelo, tutti simili: “Alzatevi … Levate il capo … State attenti … Vegliate … Pregate”. Questi imperativi ci ricordano che il Vangelo non è miele né vaniglia né oppio né camomilla, ma uno squillo di tromba che turba i nostri freddi bivacchi, un rullo di tamburi che sconvolge la nostra vecchia sapienza, una pietra lanciata nella palude del nostro quieto vivere. La parola di Dio è lievito, sale, seme, luce, spada, martello, pioggia … sono queste le immagini usate dallo scrittore sacro. Parafrasando Nietzsche, è la teologia del “martello”, che manda in frantumi la nostra sterile saggezza. Spesso la nostra religiosità è soporifera, ignora gli imperativi, si accontenta di una religiosità da scenario. Spesso riempiamo la nostra vita e la nostra casa di giocattoli religiosi, assumiamo l’aria del credente, del buon cristiano. Già! Una faccia da cristiano, che può significare solo una facciata!
  3. Cosa fare? Tre cose: aspettare, preparare, desiderare. In una parola: decidersi per Dio! A pensarci bene, sono gli stessi sentimenti di Dio: anche Dio aspetta, prepara, desidera. C’è un avvento dell’uomo, ma anche un avvento di Dio, che aspetta che l’uomo si decida, che viene incontro all’uomo, che annulla le distanze, che si abbassa perché l’uomo si decida ad alzarsi: “Levate il capo, la vostra liberazione è vicina!”. Non giochiamo con il cristianesimo! Secondo lo scrittore danese S. Kierkegaard, è il gioco più comune ed anche il più pericoloso. Per il filosofo danese esiste un contrasto tra la cristianità e il cristianesimo: “Il cristianesimo è la serietà tremenda, perché è in questa vita che si decide l’eternità”, ed egli si scandalizza che, tra le tante eresie e scismi, non figuri mai l’eresia peggiore, quella appunto di “giocare con il cristianesimo”. Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges ha espresso questa drammaticità con un pensiero sempre attuale: “Ogni istante della vita è carico come un’arma”. Ogni frammento di tempo ha in sé possibilità di bene e di male. “Il presente è gravido di futuro” (Leibniz). E il brano del Vangelo di oggi, più che un pronostico apocalittico, è una meditazione del valore del tempo. Per gli inglesi il tempo è denaro. Per noi, il tempo è semplicemente sacro!
  4. Un augurio finale: che in questo nuovo anno liturgico possiamo innamorarci di Gesù. Chi si è innamorato, sa che nei pensieri, nei sogni, nei progetti torna sempre la persona amata. Tutto perde valore se manca lei, che per noi è l’unica e che ricerchiamo dappertutto. Credere in Cristo significa essere innamorati di lui, scoprire che da sempre ci ama e il suo amore è fedele. Possiamo rimanere suoi amici, simpatizzanti, ammiratori. Possiamo considerarlo un saggio o un santo ma l’innamoramento è un’altra cosa: è porre in lui tutte la nostra vita: Signore, nelle tua mani consegno la mia vita (Lc 23,46). Come Paolo quando scrive all’amico Timoteo: So a chi ho creduto (2Tm 1,12). Forse non siamo ancora innamorati di Gesù: abbiamo paura di giocarci tutta la vita sulla sua parola. Non ci fidiamo del tutto perché non lo conosciamo a fondo. Quando ci si innamora di qualcuno, si vuole sapere tutto di lui: la sua famiglia, i suoi gusti, i suoi amici, la sua lingua, i suoi valori, come anche le sue debolezze e i suoi limiti. Di Gesù forse presumiamo di sapere tutto: è nato a Betlem, è vissuto a Nazaret, è morto a Gerusalemme, i suoi genitori erano Giuseppe e Maria, era amico della Maddalena…. Ricordiamo anche qualche suo detto o parabola. Abbiamo appreso alcune nozioni per essere ammessi alla prima Comunione e alla Cresima così come abbiamo imparato lo stretto necessario su Cesare, Carlo Magno, Cavour… per superare l’esame. Se questo ci basta, non siamo innamorati e il Battista ci potrebbe ripetere: In mezzo a voi c’è uno che non conoscete (Gv 1,26). Gesù è sempre con/in noi ma non è facile accorgersi di lui perché non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi (Is 53,2). Molto più accattivanti appaiono i volti delle stars, ma possiamo rischiare di innamorarci della persona sbagliata. Poi passano gli anni e ci rendiamo conto di avere perso l’occasione della vita. Anche a noi Gesù potrebbe dire, come a Filippo, durante l’ultima cena: Da tanto tempo sono con voi e voi non mi conoscete (Gv 14,9). L’evangelista Luca ci aiuterà a cogliere i lineamenti di Gesù. E speriamo un giorno di esclamare con gioia: Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono (Gb 42,5). BUONA VITA!

וְאֶצְּרֶ֥נָּה עֵֽקֶב׃‎  הוֹרֵ֣נִי יְ֭הוָה דֶּ֥רֶךְ חֻקֶּ֗יךָ   (Ps.119:33)

Mostrami, Signore, la tua volontà, e io la eseguirò!

 

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