Madame Bovary – Gustave Flaubert: “Madame Bovary c’est moi”.

Gustave Flaubert (1821-1880) pubblica a puntate il suo romanzo più celebre, Madame Bovary, sulla «Revue de Paris» nel 1856 e poi in volume nel 1857. Il romanzo suscita fin da subito tanto successo quanto scandalo, principalmente per la descrizione degli adultèri della protagonista femminile e per il realismo impassibile adoperato dall’autore nella rappresentazione dei “costumi di provincia”, si tratta di una vicenda tanto quotidiana quanto tragica. Flaubert stesso subisce un processo per oltraggio alla morale e alla religione, da cui viene assolto acquistando fama ancora maggiore.

Con Madame Bovary, Flaubert dissacra l’ideale dell’eroina romantica, che viene trasformata in una comune e mediocre donna di provincia, persa dietro sogni illusori e irrealizzabili, e inaugura uno stile oggettivo e documentaristico che influenzerà in segutio il realismo di Guy de Maupassant (1850-1893) e il Naturalismo di Émile Zola (1840-1902). Molte delle sue scelte di poetica ispireranno anche il movimento italiano del Verismo, che avrà nei romanzi di Giovanni Verga (I Malavoglia, 1881; Mastro-don Gesualdo, 1888) i suoi capolavori principali.

 

Charles Bovary, un modesto ufficiale sanitario del paesino di Tostes, in Normandia, resta vedovo di una moglie più vecchia di lui, con cui non ha mai raggiunto la felicità coniugale. Charles si risposa con Emma Rouault, figlia di un fattore piuttosto abbiente. Emma, che sogna una vita elegante e altoborghese, si è formata su letture sentimentali e romantiche; la vita lenta della provincia francese e la banalità del marito cominciano ben presto a soffocarla con la loro grigia mediocrità. La percezione della desolante vita provinciale si acuisce a seguito di un ballo in un castello a cui Emma e Charles prendono parte: qui la donna può toccare con mano un mondo che finora ha solo sognato o conosciuto attraverso le pagine dei romanzi che divora avidamente. Rendendosi conto che Emma è depressa e insoddisfatta, Charles decide di trasferirsi a Yonville, sperando invano che a un miglioramento di clima corrisponda anche un miglioramento nella salute della moglie. Qui Emma conosce un praticante notaio, Léon Dupuis, da cui si lascia corteggiare e in cui riconosce un simile afflato verso l’eleganza e la ricchezza. Pur essendo innamorato di lei, Léon non sa dichiararsi esplicitamente e quindi parte per completare i propri studi a Parigi. Emma ha nel frattempo partorito una figlia, quando invece avrebbe desiderato un maschio: il fatto aumenta in lei la convinzione che non ci sia una via d’uscita possibile dalla vita che conduce con Charles. Mentre la bambina viene abbandonata alle cure di una balia, Emma intreccia una relazione adulterina con Rodolphe Boulanger, proprietario terriero ricco, fascinoso e affabulatore che, dopo averla conquistata, si stanca ben presto e la abbandona alla vigilia di una fuga romantica da Emma fortemente desiderata. Emma, a seguito dell’abbandono di Rodolphe, viene quindi nuovamente colta dalla depressione e per un breve periodo trova nella religione un conforto per la propria delusione esistenziale.

Una sera però Charles e Emma si recano a Rouen per assistere a una rappresentazione dell’opera; è l’occasione in cui la protagonista può incontrare nuovamente Léon, con cui intraprende una nuova relazione carnale. Emma racconterà quindi al marito di dover andare in città una volta alla settimana per delle lezioni di pianoforte, illudendosi ancora una volta di aver finalmente scoperto il grande amore; in realtà, Léon non è più il giovane idealisticamente innamorato di Emma, e ben presto si staccherà da lei. Emma, in preda alla frenesia, spende ingenti somme di denaro presso Lheureux, il mercante del paese, per sostenere uno stile di vita al di sopra delle proprie possibilità e per fuggire dalla grigia cappa di noia e di nulla della vita di provincia. Arriva così ad indebitarsi con un usuraio, suscitando i pettegolezzi dei compaesani e accumulando consistenti ritardi nei pagamenti. Quando questi non sono più dilazionabili, Emma chiede inutilmente l’aiuto di Rodolphe e di Léon, ma entrambi gli ex amanti si rifiutano di darle una mano. Disperata, Emma ruba dell’arsenico dalla farmacia di monsieur Homais e si uccide. Una volta morta la moglie, Charles trova le lettere che Emma si scambiava con Rodolphe e scopre così l’adulterio della moglie. L’uomo, pur perdonando la moglie, si chiude così nel silenzio e nel dolore, fino a morire poco tempo dopo lasciando orfana la figlia.

Il romanzo si chiude in maniera sarcastica, quasi “dimenticando” i propri protagonisti principali. Sulla ribalta sale Homais, il farmacista del paese, seguace fanatico delle idee illuministiche di Voltaire ma in realtà ridicolo e logorroico, che corona il sogno di una vita ricevendo la prestigiosa Legion d’Onore: Il vient de recevoir la croix d’honneur.

 

 Gli avvenimenti narrati nelle pagine di Madame Bovary sono ispirati a un fatto di cronaca dell’epoca: Delphine Delamare, giovane donna di Ry, cittadina in Normandia, dopo aver ripetutamente tradito il marito si era uccisa somministrandosi del veleno. Nella costruzione dei personaggi che accompagneranno Emma Bovary fino al tragico epilogo, Flaubert si serve di quei caratteri che aveva ravvisato in quegli uomini e in quelle donne che avevano preso parte alla triste avventura di Delphine Delamare, nonché in persone da lui direttamente conosciute a Rouen e Croisset.

All’affresco sociale e psicologico della provincia francese – attraverso personaggi quali il farmacista Homais, vero e proprio antieroe del romanzo, l’avido Lheureux, l’abate Bournisien, l’esattore Binet, il padre contadino di Emma – si unisce la critica di Flaubert ai miti del Romanticismo e alle convenzioni socio-culturali della piccola borghesia, che proprio negli anni in cui si svolge il romanzo (dagli anni Venti agli anni Quaranta dell’Ottocento) conosce il periodo della propria vigorosa ascesa. La protagonista Emma Bovary si è formata nell’alveo di un romanticismo letterario e sentimentale, che, sulla scorta di una serie di letture giovanili, le ha inculcato tutti i sogni illusori con cui alimenta le proprie relazioni extraconiugali. Emma è quindi vittima inconsapevole di una scissione tra le sue aspettative di vita, fondate sugli stereotipi più scontati del Romanticismo, e l’esistenza mediocre e provinciale in cui le tocca barcamenarsi, al fianco di un marito buono e onesto, ma anche poco intelligente e di scarsa ambizione. La protagonista proietta così sui due amanti principali (Rodolphe e Léon, individui ben più meschini di quanto lei sia pronta ad ammettere) e sulla miriade di oggetti superflui ed inutili che acquista quest’ansia oscura di rivalsa e di promozione sociale. La malattia che da lei prenderà il nome è appunto quella del “bovarismo”, ovvero una condizione di insoddisfazione psicologia e sociale per la propria esistenza, che si traduce in noia, indolenza, fuga in mondi immaginari dove vivere una vita colma di tutte le proprie ambizioni represse.

Non stupisce in ogni caso che, al di là dell’amara riflessione sul romanticismo, la materia di Madame Bovary venga considerata scandalosa e il suo autore messo sotto processo. Infatti, benché la prima pubblicazione sulla «Revue de Paris» sia soggetta a censura, sia Flaubert che il direttore della rivista e lo stampatore si trovano incriminati per “offese alla morale pubblica e religiosa”. Flaubert, a differenza del poeta Charles Baudelaire (1821-1867), condannato qualche mese dopo con imputazioni simili per la sua raccolta Les fleurs du mal, viene assolto, anche grazie alla difesa dell’avvocato Sénard, che difende Madame Bovary argomentando come non si tratti solamente del resoconto di un adulterio, bensì delle drammatiche conseguenze a cui porta un’educazione sbagliata. In più, Sénard difende l’autore sottolineando che le affermazioni e le considerazioni ritenute “scandalose” dall’accusa non siano di Flaubert in carne ed ossa, ma della sua creazione letteraria, ossia Madame Bovary.

Del resto, le vicende extraletterarie non devono far dimenticare il ruolo fondamentale di Madame Bovary nella storia del romanzo ottocentesco, in cui il romanzo di Flaubert segna una tappa cruciale come manifesto del realismo letterario: l’autore racconta i fatti servendosi di uno stile distaccato ed oggettivo e di un narratore impersonale che, come Flaubert teorizzerà spesso nel suo ricchissimo epistolario, non guida dall’alto la trama e non interviene direttamente nella valutazione e delle singole situazioni. I fatti, tragici o mediocri che siano, sembrano generarsi da sé, e il giudizio sulle azioni e i pensieri dei personaggi sono rimandati al lettore che si trova di fronte alla molteplicità dei punti di vista e delle interpretazioni del reale. Flaubert riesce così a narrare in modo impassibile e controllatissimo una mediocre vicenda di provincia, intrisa di passioni ed illusioni romantiche.

Per concludere possiamo dire che ciò che l’autore rappresenta realmente, attraverso i turbamenti e le tensioni psicologiche di Emma Bovary, sono le sue stesse malinconie, quell’adesione giovanile al Romanticismo e al vittimismo malinconico che ha da tempo rinnegato. Non a caso diventa celebre la frase “Madame Bovary c’est moi” (“Madame Bovary sono io!”), con cui Flaubert ammette la sua vicinanza al personaggio e denuncia quella lenta ma inesorabile trasformazione dell’ideale romantico in un mito piccolo-borghese, in velleità superficiali rivolte a una vita fondata sul lusso più che sulla profondità di sentimenti

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