“Maggio: il mese delle rose, il mese della festa della mamma, il mese mariano per eccellenza”

Ben venga maggio coi suoi fiori» recita un proverbio italiano, e in effetti questo mese è tra i più amati proprio per via dello sbocciare dei fiori in ogni dove. È il quinto mese dell’anno, ha trentuno giorni e, secondo la tradizione cattolica, è un mese dedicato alla Madonna. Del resto, l’aspetto femminile di questo mese potrebbe essere attestato fin dall’antichità, visto il nome Maius pare derivare dalla dea romana Maia, divinità della terra, dell’abbondanza e della fertilità.

Il mese si apre con la festa dei lavoratori; il 5 del mese è stato immortalato dalla celebre poesia del Manzoni che inizia con Ei fu…. Inoltre, il 17 ricorre la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.

Nel meraviglioso mese di maggio, quando si schiudono le gemme, fu allora che nel mio cuore, è sbocciato l’amore, recita una poesia di Heinrich Heine.

Ma ci sono tante bellissime poesie dedicate alle rose, alla mamma e alla Madonna, come: “Elogio di una rosa” di Marino Moretti; “Da Cocott” di Guido Gozzano; “Dalla finestra” di Giuseppe Fanciulli; “Se fossi” di Zietta Liù; “La mia sera” di Giovanni Pascoli; “Se fossi pittore” di Edmondo De Amicis; “La madre” di Giuseppe Ungaretti; “A Nostra Signora” di Miguel de Cervantes Saavedra; “Santa Maria, Vergine della notte” di Don Tonino Bello; “A Madonna d’ ‘e mandarine” di Ferdinando Russo.

Maggio è stato, inoltre , cantato in meravigliose canzoni; in proposito, oso dire che le cinque più belle canzoni napoletane dedicate al mese di maggio sono. Era de Maggio – Torna Maggio – Maggio si’ tu! -’Na sera’e Maggio – O’ Mese de rose.

Maggio, si sa, è il mese delle rose e dell’amore, dei baci appassionati e dei matrimoni.

Sarà per la dolcezza del clima, per le giornate che si allungano o per il profumo inebriante dei fiori, ma a Maggio c’è in ognuno di noi un rigoglioso risveglio di sensi che sembravano ormai assopiti dai cupi mesi invernali.

Ecco alcune poesie:

ELOGIO ALLA ROSA

Poi le luci girando al vicin colle,

dov’era il cespo che ‘ bel piè trafisse,

fermossi alquanto a rimirarlo, e volle

il suo fior salutar pria che partisse;

e vedutolo ancor stillante e molle

quivi porporeggiar, così gli disse:

“Sàlviti il Ciel da tutti oltraggi e danni,

fatal cagion dei miei felici affanni:

Rosa, riso d’Amor, del Ciel fattura,

rosa del sangue mio fatta vermiglia,

pregio del mondo e fregio di natura,

de la Terra e del Sol vergine figlia,

d’ogni ninfa e pastor delizia e cura,

onor de l’odorifera famiglia,

tu tien d’ogni beltà le palme prime,

sovra il vulgo dè fior Donna sublime.

Quasi in bel trono Imperatrice altera

siedi colà su la nativa sponda.

Turba d’aure vezzosa e lusinghiera

ti corteggia d’intorno e ti seconda;

e di guardie pungenti armata schiera

ti difende per tutto, e ti circonda.

E tu fastosa del tuo regio vanto

porti d’or la corona e d’ostro il manto.

Porpora dè giardin, pompa dè prati,

gemma di primavera, occhio d’aprile,

dite le Grazie e gli Amoretti alati

fan ghirlanda a la chioma, al sen monile.

Tu, qualor torna a gli alimenti usati

ape leggiadra o zeffiro gentile,

dài lor da bere in tazza di rubini

rugiadosi licori e cristallini.

Non superbisca ambizioso il Sole

di trionfar fra le minori stelle,

che ancor tu fra i ligustri e le viole

scopri le pompe tue superbe e belle.

Tu sei con tue bellezze uniche e sole

splendor di queste piagge, egli di quelle.

Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,

tu Sole in terra, ed egli rosa in cielo.

E ben saran tra voi conformi voglie:

dite fia ‘1 Sole, e tu del Sole amante,

ei de l’insegne tue, de le tue spoglie

l’aurora vestirà nel suo levante.

Tu spiegherai nè crini e ne le foglie

la sua livrea dorata e fiammeggiante,

e per ritrarlo ed imitarlo appieno

porterai sempre un picciol Sole in seno.

(Giambattista Marino)

‘A Madonna d’ ‘e mandarine

Quanno ncielo n’angiulillo
nun fa chello c’ha da fà,
‘o Signore int’a na cella
scura scura ‘o fa nzerrà.

Po’ se vota a n’ato e dice:
-Fa venì San Pietro ccà!
E San Pietro cumparisce:
-Neh, Signò, che nuvità?

-Dint’ ‘a cella scura scura
n’angiulillo sta nzerrato:
miettammillo a pane e acqua
pecche ha fatto nu peccato!

E San Pietro acala ‘a capa
e risponne: -Sissignore!
Dice Dio: -Ma statt’attiento
ch’ha da stà vintiquatt’ore!

L ‘angiulillo, da llà dinto,
fa sentì tanta lamiente….
-Meh, Signò, dice San Pietro,
pè sta vota… nun fa niente.

-Nonzignore! Accussì voglio!
Statte zitto! Dice Dio;
si no ognuno se ne piglia!
‘N Paraviso cumann ‘io!

E San Pietro avota ‘e spalle.
Da la cella scura scura
l’angiulillo chiagne e sbatte,
dice ‘e metterse paura!

Ma ‘a Madonna, quanno ognuno
sta durmenno a suonne chine,
annascuso ‘e tuttequante
va e lle porta ‘e mandarine.

(Ferdinando Russo)

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