“MYRANDA” UN RACCONTO DI CRISTINA BOVE

 Se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto, i suoi pensieri erano pervasi di malinconia. Non le reggeva il cuore a vederlo andar via.

Lui era già in fondo al viale, si voltò per salutarla agitando la mano prima di sparire.
Ne conosceva ogni tratto, il viso, il corpo slanciato, il profumo, la cadenza dei passi.

Si erano incontrati per caso, sulla panchina davanti al laghetto artificiale, intenti entrambi ad osservare sulla superficie dell’acqua l’incedere maestoso di alcuni cigni reali.
– Belli, eh?- aveva detto lui senza staccare gli occhi dalla scena.
– Magnifici – aveva aggiunto lei, voltandosi a guardarlo.
E fu il tumulto dentro di lei.
L’indomani lo vide arrivare lungo il sentiero, i loro sguardi si incrociarono e lui le si avvicinò con un sorriso..
Le sedette accanto.
– Il cielo a volte sembra che mi guardi. – disse quasi a se stesso.
– Sì – rispose lei – e a volte sembra che parli.-
– E’ vero! – esclamò lui – sembra che suggerisca domande e attenda risposte.
Ora si era rivolto a lei, occhi grigi indagatori, sorriso aperto.
– Pensavo di aver detto una sciocchezza, ma se anche lei ha le stesse impressioni allora qualcosa di vero ci sarà.
– Ma caro, se tutti impiegassero un po’ di tempo per scrutare il cielo invece di camminare con lo sguardo fisso a terra, l’umanità non dimenticherebbe mai di appartenere alle galassie.
– Lo dice sul serio, vero? Non come quei professori che se chiedo spiegazioni mi zittiscono, con uno sguardo che vuol dire “taci stupido seccatore”.
– Come potrei? Se anche fossi una dei tuoi prof, questa domanda è come una finestra spalancata sulla tua anima.
– Che belle cose sa dire, lei!
– Alla mia età le cose sono soprattutto conosciute. Le esperienze diventano ricordi, e i ricordi insegnano.
-Mi chiamo Guido Bandini, abito poco distante da qui.
– Io sono Serena Gadda, piacere. Abito anch’io nei paraggi.
-Come lo scrittore. –
– Già – confermò lei, mentre da uno zainetto aveva tratto una scatola rosa contenente dei piccoli cubi gelatinosi, cosparsi di zucchero a velo – loukhoum, sono dolcetti tunisini, sono fatti di zucchero, miele e petali di rosa.
Lui ne aveva preso uno e masticato adagio, con gusto.
– Buono, sembra di assaporare un profumo.

Ormai era diventato il loro giorno d’incontro, il martedì pomeriggio, e lui le aveva raccontato molto di sé, tanto che ora lei ne conosceva i gusti e le abitudini, sapeva anche che era ospite di una zia per tutta la durata degli studi, che gli mancavano quattro esami per la tesi, che non aveva amici, e che trascorreva quasi tutto il tempo libero a leggere o al PC.
A lui aveva raccontato poco della sua vita, che era stata un’insegnante, che era rimasta vedova presto, che non aveva figli, che amava scrivere e dipingere.
Con sua grande sorpresa, aveva riscontrato che erano entrambi appassionati della stessa musica, lei amava Bach e Haendel, era un’appassionata di ricerca musicale e gli parlava di Lully, Vivaldi, Frescobaldi , Corelli e via via fino a Bottesini, Gottschalk e altri compositori più recenti. Lui preferiva Mozart e Stravinski. Ad entrambi piacevano alcune forme di jazz, rock, musica celtica, e molti complessi musicali.
Amavano gli stessi film e le stesse letture, spesso lui le chiedeva consiglio, talvolta gli prestava i libri della sua fornitissima biblioteca, a volte gliene regalava.
Quando seppe che aveva aperto un blog sulla musica, gli promise che sarebbe passata a visitarlo.

Le serate ormai le trascorreva anche lei al PC. Aveva fatto visita al blog di Guido e ne era rimasta affascinata: sia il ragazzo che gli amici commentatori erano dei veri esperti musicofili ed interloquivano tra di loro con eleganza e proprietà di linguaggio.
Non seppe resistere alla tentazione di parteciparvi. Fu così che si inventò un nick shakespeariano, Miranda, e cominciò a scrivergli.
Dapprima soltanto commenti agli articoli postati, poi il dialogo aveva preso una piega sempre più personale e lei si era trovata ad interpretare il ruolo di una giovane coetanea, nella quale alla fin fine si era anche molto immedesimata.
E poi la cosa incredibile! Lui si era innamorato di Miranda.
Di se stessa sapeva benissimo, di come se ne fosse innamorata fin dal primo incontro, di un amore che le rimescolava il sangue e che le faceva palpitare il cuore al solo vederlo. Ma adesso che anche lui le si dichiarava nel blog, sempre più appassionatamente, si sentiva felice e disperata nello stesso tempo.
Temeva il sopraggiungere di una eventuale richiesta di conoscersi di persona.

Da qualche giorno le aveva fatto capire che avrebbe desiderato telefonarle.
A quel punto qualcosa era scattato nella sua mente: la ragazza dell’appartamento di fronte! Una bella biondina, laureanda in lettere moderne, che veniva spesso a chiederle consigli sulla tesi. Viveva con l’anziana madre ed era riservata e studiosa.
Una di quelle sere che le si era rivolta per un chiarimento semantico, si decise e la informò succintamente della situazione in cui si era cacciata. Lisa si mostrò interessata e quando infine giunse la domanda: vuoi essere tu, “Miranda”? si offrì senza troppo pensarci. Soprattutto la bellezza di Guido, nella foto che faceva bella mostra di sé sul tavolino del salotto, la convinse.
E così da quel giorno Serena-Miranda gli dedicava il suo amore in tutte le forme poetiche possibili e immaginabili, e intanto preparava il terreno all’incontro con Lisa-Miranda.
Dopo qualche mese di e-mail sempre più ardenti, come si aspettava, fu lui a proporre un appuntamento per conoscersi finalmente di persona. Così gli fissò l’ora ed il luogo per l’incontro: il piccolo bar con i tavolini nella rotonda del parco.
Nel frattempo, i loro incontri davanti al laghetto dei cigni, continuavano come d’abitudine. Sedevano sulla solita panchina, lui le parlava del suo nuovo amore.
Le raccontava delle bellissime lettere che Miranda gli scriveva, delle poesie che gli dedicava, dei video che gli inviava. E di quanto ne fosse pazzamente innamorato.
Da una parte lei era al settimo cielo al pensiero di averlo conquistato con la sua intelligenza, con la sua anima, dall’altra era consapevole che mai l’avrebbe potuto avere per sé.
Ma c’era di più, Serena negava a se stessa l’eventualità di un incontro ravvicinato per motivi che solo il proprio animo ipersensibile andava elencando, primo fra tutti la differenza di età. Pur essendo ancora una bella donna, lei temeva terribilmente un confronto.

Il primo appuntamento avvenne come previsto.
Lisa l’aveva visto arrivare da lontano ed era rimasta sorpresa dalla sua avvenenza. Guido si era diretto verso di lei, che se ne stava seduta al tavolino con una rosa rossa poggiata accanto alla tazzina del caffè, questo il segnale, le si era avvicinato e poi la sua voce aveva pronunciato con tono interrogativo: Miranda?
-Sì, sono io – aveva risposto alzandosi e tendendogli la mano, ma lui l’aveva abbracciata lievemente, come a stabilire che non era rimasto deluso.
Avevano poi parlato di musica, delle e-mail che si erano inviato e di cui lei conosceva a grandi linee il contenuto poiché Serena gliele riassumeva.

Il martedì successivo lui le raccontava dell’incontro, le diceva di quanta emozione avesse provato nel conoscere Miranda, e di come ne fosse ancora più innamorato.
Un giorno le chiese se fosse possibile che una ragazza scrivesse versi d’amore appassionati, poesie che mai lui ne aveva lette di uguali e che però, da vicino, non riuscisse a dirgli che poche frasi banali, che non gli trasmettevano alcuna emozione.
Sempre più le si confidava, ogni martedì pomeriggio, sulla panchina davanti al laghetto. Ora le chiedeva anche consiglio su come far combaciare le opposte sensazioni che nutriva nei confronti della ragazza. Le confidò chiaro e tondo di sospettare che fossero due persone distinte. Che lui amava idealmente Miranda ma faceva l’amore con Lisa. E ancora che, se avesse dovuto scegliere, avrebbe scelto la prima.

Lisa bussò quella sera stessa alla sua porta, entrò decisa. – Lo amo – disse tutto d’un fiato – me ne sono innamorata alla follia!-
– E lui?- chiese Serena.
– Lui dice di non amarmi abbastanza, che ama un’altra. Che ha fatto di tutto per dimenticarla ma che non ci riesce.-
– Ma come? Non è Miranda quella che ama? Cioè te, che gli scrivi poesie e lettere d’amore?-
– Sì, sì, dice questo, solo che mi ha fatto capire in modo inequivocabile di  non credere che sia io a scrivere.
– E tu, tu che gli hai risposto?-
– Io… gli ho confessato la verità! Perché lo amo davvero e vorrei che amasse me, come sono.
– Ma sei pazza? E cosa ancora gli hai detto?-
– Che sei tu, quella che scrive.-
Serena era rimasta senza fiato, felice e disperata nello stesso tempo.
Un’infinità di pensieri si accavallavano nella sua mente, alcuni la vedevano tra le braccia di Guido, in una favola a lieto fine, in altri si vedeva ancora più invecchiata, con lui al fianco sempre più smagliante di giovinezza e lei…
Poi improvvisamente la decisione: avrebbe scritto qualcosa che l’avrebbe fatto allontanare da Miranda e riavvicinare a Lisa.
– Lascia fare a me – le disse – penserò a fare in modo che lui abbia bisogno di te
– E come?-
– Ho un’idea – le rispose.

Erano seduti sulla panchina, lui la guardava con occhi adoranti, lei non sapeva sottrarsi a quello sguardo, pure doveva.
– Lo so che sei tu che mi scrivi sul blog – esordì – me lo ha detto Lisa.
– Dunque sai tutto, ma forse non sai che quelle lettere le ho scritte moltissimi anni fa per un uomo che amavo pazzamente, che non le ha mai lette perché non gliele ho mai spedite. Le conservavo. Ed ecco che mi si presenta questa magnifica occasione, proporle nel tuo blog come se fossero scritte per te…non ho saputo resistere. Perdonami.
– Ma, e tutte le poesie che sembravano scritte apposta per me? –
– Anche quelle, scritte per l’altro. –
– E tutta la tua conoscenza musicale? Tutti i tuoi interventi sulle musiche preferite da noi giovani, oggi?
– Beh, su quelle improvvisavo.-
– Allora ti sei presa gioco di me, fin dal primo momento! –
– No, questo non è vero, ho solo pensato di poter provare ancora quella stupenda sensazione d’amore, ancora alla mia età ed ho approfittato, lo ammetto, della tua disponibilità sul web e della tua meravigliosa intelligenza, per avere le risposte che l’altro non ebbe modo di darmi. Poi, quando ho capito che ti stavi innamorando di Miranda, ho proposto a Lisa… il resto lo sai.
– Peccato!- articolò quasi a stento – ci avevo creduto fino in fondo che una donna potesse amarmi di quell’amore appassionato ed estasiato che tu dimostravi, di essere per lei quel genio ispiratore che tu descrivevi.-
Visibilmente affranto mormorò con rassegnazione:- Allora, Miranda, non provi nulla per me?-
– Oh, sì – gli rispose – ti voglio bene e ti stimo, ti considero un amico affascinante e intelligente, e ti sono grata per tutte le ore che hai trascorso con me in piacevole conversazione.-
– Uhm – fece lui – ho amato un fantasma, allora.
– Ma no, Lisa ti ama davvero, e tu sai benissimo che è un ragazza in gamba, una di quelle che sanno amare profondamente. Dovresti essere felice di averla incontrata, seppure attraverso me. Non lasciartela scappare, mi raccomando! –
Si era alzato, le aveva stampato un bacio sulla guancia e poi si era incamminato lungo il viale.
Si era girato speranzoso. Lei gli fece un cenno di saluto con la mano. Lui svoltò l’angolo.

Serena s’incamminò china per la strada di casa. Nel supermercato di fronte acquistò una bottiglia di vodka e una confezione di caffè.
Preparò la moka, pigiando ben bene il caffè. Nell’attesa si appressò alla libreria, ne tolse un libro dalla copertina marrone e fregi dorati, una delle tante edizioni in lingua originale di Rostand e lo pose, capovolto, sul tavolino.
Quindi si versò un grande bicchiere di vodka . Poi in una tazza tutto il contenuto della macchinetta da tre.
Accese lo stereo a volume sostenuto, “Aria” di Bach, il suono dell’organo a riempire il vuoto della stanza.
Seduta sul divano, tazza e bicchiere a portata di mano sul tavolino basso. Un attimo di smarrimento, gli occhi pieni di lacrime, uno stantuffo nel cuore .
-Ti amo! Ti amo! – una voce che non pareva la sua quasi gridò nel crescendo della musica. – Ti amo, Guido, ti amo! Amo te, la tua mente, il tuo corpo, la tua anima! Amo tutto di te! E i singhiozzi salivano dal petto scuotendola…trangugiò quasi tutta la vodka, giù anche il caffè…
Sapeva che il suo cuore malandato non avrebbe retto né all’alcool, né alla caffeina.
Quella sera non prese nemmeno le pillole salvavita.
Allungò le gambe sul divano, prese dal tavolino un portaritratti e lo strinse a sé.
E tra le lacrime si addormentò.

 

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