Recensione: Siddharta

Titolo: Siddharta

Autore: Hermann Hesse

Pagine: 198
 
Editore: Adelphi
Trama:
Chi è Siddharta? È uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita. Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti. E alla fine quel tutto, la ruota delle apparenze, rifluirà dietro il perfetto sorriso di Siddharta, che ripete il “costante, tranquillo, fine, impenetrabile, forse benigno, forse schernevole, saggio, multirugoso sorriso di Gotama, il Buddha, quale egli stesso l’aveva visto centinaia di volte con venerazione”. Siddharta è senz’altro l’opera di Hesse più universalmente nota. Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna. Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.

Recensione:

Siddharta è un giovane alla ricerca di se stesso; alla ricerca della sua dottrina. Il romanzo ci narra il suo viaggio; che non è un mezzo ma è lo scopo della sua stessa esistenza.

Nasce in mezzo ai bramini; cresce e sceglie di seguire gli insegnamenti dei Samana -asceti che vivono di poco o nulla, che imparano ad immedesimarsi in tutto quello che si presenta loro davanti, proprio come fa lo stesso Siddharta. Ma il suo percorso non si ferma qui: incontra Gotama però non segue la sua dottrina. Dopo un incontro con la parte astratta della vita si dedica anche alla vita terrena, fatta di piaceri e ricchezze: grazie a Kamala -bellissima dama- e Kamaswami -ricco commerciante- impara ciò che c’è da sapere su un mondo così superficiale.
L’ultima tappa è presso un fiume, che lo riporta sulla via della meditazione. Qui incontra il saggio e silenzioso barcaiolo Vasudeva, che gli insegna ad ascoltare profondamente.
E’ un romnzo di formazione, quasi biografico; ispirato alla vita del Buddha –Siddhartha Gautama– che compare invece nel libro non come protagonista ma nelle vesti di quel vecchio dal sorriso angelico e dalle movenze delicate che compare con il nome di Gotama.
Può sembrare che io vi abbia raccontato tutto ma in realtà non vi ho detto assolutamente niente: la trama e il contenuto passano in secondo piano. Il principio della storia è la reincarnazione e ciò che le orbita attorno; come la pace -il Nirvana- che viene ricercata provando ad amare un mondo di cui non si conosce l’ultima essenza, come il dubbio suscitato dal non sapere davvero chi si è, come l’amore che nonostante noi non vogliamo accettarlo è alla base di ogni cosa, di ogni gesto, come la natura rappresentata da tutto ciò che esiste, formata da elementi da rispettare perché presto si trasformeranno in qualcos’altro.
In nemmeno due centinaia di pagine ci sono moltissimi insegnamenti impliciti che non posso essere trascritti in una sola recensione; finirei col copiare l’intero libro.
Piccoli insegnamenti che fanno grande un’opera simile. Un ragazzo indiano che cerca – che cerca se stesso e che cerca la sua strada- non può che imbattersi in una miriade di situazioni che lo inducono a riflettere, a meditare e a crescere. Per raggiungere la pace non ci sono scorciatoie; è necessario vivere. Non c’è nessuna regola che possa essere seguita, nessuna dottrina, nessuna ricetta. L’illuminazione -cioè lo stato di completo benessere della persona e dell’anima- si ha solo nel momento in cui si diventa saggi e si capisce di non poter comprendere a fondo il mondo.
E’ un romanzo senza ombra di azione; la velocità massima del libro è pari ai passi lenti con cui Siddharta attraversa la foresta. Benché non ci sia traccia di vitalità scivola fra le mani come il fiume che lo stesso protagonista contempla attentamente.
E’ una lunga parabola intrisa di poesia; scritta utilizzando un lessico alto ma strano e affascinante al contempo; facile da comprendere -soprattutto trattandosi di un saggio romanzato dell’inizio del Novecento di uno scrittore tedesco- a parte per ciò che riguarda qualche passo contenente frasi di senso filosofico: leggendo Siddharta ci si avvicina in punta di piedi ad un pezzetto del pensiero orientale.
Un tratto tipico del romanzo è l’antagonista; è qui è presente nel momento in cui ci si avvicina alla conclusione. Esso è rappresentato paradossalmente dal figlio che -al contrario del padre- è di indole ribelle, riluttante nell’imparare e nel lavorare. Un animo -insomma- che non mira assolutamente alla ricerca della pace interiore ma piuttosto a quella delle ricchezze.
La storia può essere interpretata in molteplici modi in base allo stato d’animo, al pensiero e all’età del lettore. Non è la prima volta che ciò accade, non è una novità, insomma! Soprattutto per quanto riguarda i classici: si è solito considerare i più giovani troppo acerbi per capirli interamente o soltanto per apprezzarli. Io l’ho apprezzato: forse non l’ho compreso completamente; ho comunque cercato di cogliere ogni sfumatura che mi è stata porta dall’autore e dal protagonista.
Si pensa che sia uno di quei libri che ti si presentano davanti nel momento giusto nella vita, per un motivo o per un altro. Come se fosse la tua anima ad averne bisogno: mi è stato commissionato per scuola perciò non credo che ciò sia accaduto davvero. Nonostante ciò l’ho apprezzato meglio che potevo, cercando di comprendere il suo percorso rimanendo consapevole -durante l‘intera lettura– che non potrò mai fare un vero viaggio come quello di Siddharta; una vita normale e i romanzi eccellenti sono una valida alternativa per essere in pace con se stessi.
Consigliato a…
… chi e’ in cerca di risposte dalla vita; chi si interroga sul senso del vivere

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