Requiem per l’Indesit di Teverola/Carinaro, amaro annuncio da ambienti sindacali

800 POSTI DI LAVORO A RISCHIO

di Daniele Palazzo

TEVEROLA-Novità non certo positive per le maestranze dello stabilimento della Indesit di Teverola/Carinaro, per le quali si profila un futuro decisamente al negativo. Stando a notizie di provenienza sindacale, l’opificio casertano, con tanto rammarico e grande preoccupazione circa il loro futuro lavorativo e i bilanci economici delle loro famiglie da parte degli 800 addetti al ciclo produttivo, sarebbe in procinto di chiudere i battenti. Le informative più precise e documentate, in tal senso, provengono dall’esponente della UILM nazionale, Gianluca Ficco, che, nel corso dei lavori per la presentazione, in sede ministeriale, del piano industriale della multinazionale leader nella produzione di elettrodomestici, ha riferito come “la Whirlpool ha annunciato 1.530 esuberi, dei quali ben 1.200 nelle fabbriche e la restante parte nei centri di ricerca”. La notizia, rimbalzata subito a Caserta, ha messo immediatamente in allarme i lavoratori interessati, che, senza pensarci su due volte, hanno messo repentinamente in moto la macchina della protesta, dichiarando, con ferma chiarezza e piglio più che deciso, di non essere per niente disposti a veder andare in frantumi le loro speranze di continuare a portare a casa i profitti che gli derivano dalla loro unica attività occupazionale. Imponenti manifestazioni in tutti i centri interessati, specialmente ne Casertano, al piano-falce stilato dalle alte sfere di Whirlpool. Gli obiettivi preminenti sono e rimangono quelli della tutela dei diritti della classe operaia interessata e, soprattutto, del mantenimento dei livelli occupazionali presso la struttura produttiva insistente nell’importante capoluogo della provincia di Terra di Lavoro, i cui settori industriale e produttivo, quando per un motivo, quando per un altro sono stati sempre bistrattati ed umiliati sia dalle istituzioni locali che da quelle sovralocali. Con Caserta, rischiano di essere cancellati dalla cartina geografica del mondo del lavoro anche i centri industriali di Nole, in provincia di Torino, dove, con mansioni di ricercatori e magazzinieri, prestano manodopera una novantina di lavoratori, e uno dei due stabilimenti di Fabriano, in provincia di Ancona, quello di Albacina, per la precisione, che da lavoro e reddito sicuro a più di 600 operai. Per quanto concerne il blocco produttivo casertano, le organizzazione sindacali di categoria, dichiarando tutto il loro disappunto verso le decisioni assunte dai massimi vertici della multinazionale in parola, minacciano sfracelli. Infatti, sostengono, in fase precedente l’avvenuta acquisizione da parte della nuova proprietà aziendale, l’Indesit avrebbe assunto l’impegno a non procedere ad alcun licenziamento fino a tutto il 2018 ed anche porre in atto un progetto di investimenti per 83 milioni nei vari complessi produttivi che gestiva sull’intero territorio nazionale. Strali acuminati anche all’indirizzo della multinazionale americana, che, affermano fior di sindacalisti di settore, “nonostante un piano di investimenti di cinquecento milioni in quattro anni e la ventilata prospettiva di un incremento dei volumi produttivi complessivi in Italia, ha varato la scellerata e contestatissima decisione di azzerare tre importanti poli del proprio scacchiere produttivo. A far masticare amaro anche la circostanza che, nelle intenzioni di chi, al momento attuale, detta legge nel campo, c’è il potenziamento delle linee produttive in atto presso Melano(saranno trasferiti qui i 600 operai di Albacina), che è un Comune svizzero bagnato dal lago di Lugano, e Varese, per il quale si intende procedere a ben 280 nuove assunzioni. Il tutto in piena chiave di chiaro impoverimento e pianificata mortificazione dello sviluppo, soprattutto in ambito socio-economico, delle credenziali di crescita e risollevamento del nostro Meridione, che, vedi caso, è sempre trattata alla tregua di una Cenerentola senza diritti da chi siede nella stanze de bottoni. Prima di concludere questo nostro contributo, non vogliamo farci sfuggire l’occasione di segnalare e sottolineare la figura di cacca rimediata, sull’argomento, dal Presidente del Consiglio di Ministri attualmente in carica. Circa otto mesi fa(correva il mese di luglio dello scorso anno), infatti, Matteo Renzi, commentando l’acquisizione della Indesit da parte del gruppo statunitense, il premier Renzi, sforgiando un entusiasmo destinato, poi, a ritorcerglisi contro, aveva definito l’operazione di cui ci occupiamo “fantastica” e foriera di chissà quali e quante ricadute positive sul mondo del lavoro nazionale. Le entusiastiche e, col senno di poi, anche frettolose frasi palesate dal Premier, che vantava di “aver “parlato personalmente con gli americani a Palazzo Chigi”, si sono rivelate, purtroppo per lui, alla stregua di un brutto boomerang. Si pensi che il cosiddetto “rottamatore” era arrivato a sostenere che “il punto” sulle idee e le intenzioni di una qualsiasi realtà produttiva “non sta nel passaporto, ma nel piano industriale. Se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro, aveva affermato ancora l’ex Sindaco di Firenze, gli imprenditori stranieri sono i benvenuti in Italia”. Benvenuti si, caro Renzi, ma non “quann trasn e sicc e s mettn e chiatt!”

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