Riflessione sul Vangelo di domenica 30 gennaio 2022 a cura di Don Franco Galeone

IV domenica del TO (C) – 30 gennaio 2022

Nessun profeta è bene accetto nella sua patria!

Prima lettura: Ti ho stabilito profeta delle nazioni (Gr 1, 4). Seconda lettura: Rimangono la fede, la speranza, la carità, ma di tutte più importante è la carità (1Cor 12, 31). Terza lettura: Nessun profeta è bene accetto nella sua patria! (Lc 4, 24).

1) Le difficoltà di questo testo non sono poche. Non si capisce, per esempio:

> il motivo per cui gli abitanti di Nazaret improvvisamente passano dall’ammirazione per Gesù agli insulti fino al tentativo di linciarlo. Non ha detto nulla di provocatorio! Come mai reagiscono in questo modo?

> Non è neppure chiara la ragione per cui egli cita i due proverbi: «Medico, cura te stesso» e «Nessun profeta è ben accolto nella sua patria!»: perché parla così se – a quanto pare – lo stanno elogiando?

> Infine, come è riuscito a sfuggire a tanta gente inferocita? Si è miracolosamente volatilizzato? Quando, leggendo il Vangelo, ci imbattiamo in particolari strani e inverosimili, c’è da rallegrarsi: sono un invito a ricercare il significato più profondo dell’episodio.

2) Gesù ha, evidentemente, detto o fatto qualcosa che ha urtato la loro sensibilità. E forse questa è la ragione dell’ostilità. E’ costume, durante la celebrazione sinagogale, che chi proclama il secondo testo biblico legga almeno tre versetti del libro del profeta. Il brano scelto da Gesù è uno dei più noti, lo conoscono tutti a memoria. L’irritazione degli ascoltatori potrebbe essere stata determinata dal fatto che Gesù ha interrotto la lettura appena dopo un versetto e mezzo. Perché non è andato oltre? Perché Gesù non ha letto le parole finali: il giorno di vendetta del nostro Dio וּינֵֵ֑להֹאֵל םָ ָ֖ קָנ ו ? ֹ Mettiamo a confronto i due brani: a) Is 61,1-2: Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio…

b) Lc 4,17-18: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.

3. Un giorno di vendetta per il nostro Dio: וּינֵֵ֑להֹאֵל םָ ָ֖ קָנ ו ֹ֥ecco quello che tutti volevano sentire dopo tante umiliazioni, e invece Gesù porta ai poveri un lieto messaggio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, la dignità agli oppressi. Annunciare queste parole, “oggi”, è una cosa stupenda. Ma dirle ai cittadini della Palestina del tempo di Gesù, era un gesto imprudente. I nazareni si sentivano oppressi dai romani e da Erode. E volevano vendetta: םָ ָ֖ קָנ ום. ֹIl Vangelo riporta le loro parole: Non è costui il figlio di Giuseppe? (Lc 4,22). È probabile che gli abitanti del villaggio sapevano che Giuseppe non era proprio un pacifista, come non lo erano un po’ tutti quelli di Galilea: sicari violenti, nazionalisti e terroristi ma anche un po’ stupidi: l’espressione stupido galileo era, a quanto pare, un modo abituale di insultare qualcuno.

4) Gesù viene rifiutato inoltre per quel semplice “oggi”. E’ scoccata l’ora di Dio, il tempo è arrivato, occorre decidersi: “Il faut parier!”. E’ proprio quello che noi rifiutiamo, e che rimandiamo a “domani”. Anche noi seguiamo l’antico proverbio: “Non fare oggi quello che puoi rimandare a domani”. Più comodo accarezzare un Dio astratto, atemporale, aoristo; più difficile accorgersi che il regno di Dio è già qui, in mezzo a noi, ci interpella: sì o no, fuori o dentro, pro o contro. Avvertiamo che accettare il Vangelo non è una scossa superficiale ma un cortocircuito folgorante, un terremoto di magnitudo infinita, comporta una “cura radicale” (S. Kierkegaard). L’incontro con Dio è sempre pericoloso; se ne accorsero Paolo, Francesco, Ignazio, Alfonso … e perciò noi allontaniamo l’oggi decisivo verso un imprecisato domani.

5) Altro aspetto fastidioso del messaggio di Cristo è la sua preferenza per quelli di fuori, i non ebrei, gli ultimi. Gesù, accanto a sé, tra i suoi, spesso incontra persone nate stanche che vivono per riposare, contenti di ruminare la sterile sapienza, vuote crisalidi, senza spirito e vita. Ogni religione, anche la più vera, corre il rischio di degenerare nel formalismo. Non vorrei esagerare, ma vi è il pericolo che proprio la religione impedisca di essere religiosi, che possiamo trascorrere una vita intera in una religiosità da scenario, in una cristianità senza cristianesimo. Attenzione al professionalismo! In religione non ci sono professionisti di carriera ma solo amanti che si lasciano amare da Dio. Perciò grazie all’amore, ogni Maddalena può diventare santa Maddalena, ogni ladrone un buon ladrone, ogni colpa una felice colpa, ogni figlio ribelle può dare una gioia al Padre che non sa dare il figlio obbediente. Cristo ha trovato fede in uomini e donne perduti, persone semplici e lontane; le maggiori opposizioni le ha trovate tra i professionisti della religione, tra i dottori della legge, tra i burocrati del sacro, insomma tra i ‘suoi’. Questo pensiero non può lasciare tranquilli. Santa inquietudine! C’è dunque il rischio di essere lontani da Cristo anche in una casa religiosa, in mezzo a pratiche religiose, da mattutino a compieta!

6) “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria!”. Quante volte, davanti all’incomprensione degli altri, abbiamo ripetuto questa celebre espressione, con rabbia repressa, altezzosità contro i meschini che non ci comprendono. Noi italiani! Un popolo di sprizza-cervelli, incompresi dai parenti, dai professori, dagli amici, dal parroco … e assumiamo l’aria di perseguitati, ci mettiamo all’ombra di Gesù, pretendiamo addirittura di somigliargli. Troppo facile! Gesù non fa l’incompreso o la vittima (“Nessuno mi comprende!”) né l’arrogante (“Non sapete chi sono io!”); non rifiuta i suoi, è anzi nel suo paese che annuncia il suo programma. Egli è diretto, aperto, generoso. E allora non mettiamoci nei panni dell’incompreso ma in quelli dei nazaretani, che tanto ci somigliano, che credono fino ad un certo punto, che mettono le condizioni per credere: “Se fa i miracoli qui, in casa nostra, sotto i nostri occhi, allora crederemo!”. Ecco caduta la maschera! Anche noi, come loro, dettiamo le condizioni per credere: se mi guarisce il figlio, se vinco quel concorso … allora crederemo. Questo, però, non è ‘servire’ Dio ma ‘servirsi’ di Dio. Come la misura dell’amore è amare senza misura, così credere significa non chiedere prove ma affidarsi in un totale ‘amen’. BUONA VITA!

השּׁרשים הקּדשים Le Sante Radici

Per contatti: francescogaleone@libero.it

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