Riflessione sul Vangelo di Domenica delle Palme, 10 Aoprile 2022, a cura di Don Franco Galeone

Domenica delle Palme (C) – 10 aprile 2022

Passione di Cristo. Passione dell’uomo!

Prima lettura: Non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare deluso! (Is 50,4). Seconda lettura: Cristo umiliò se stesso, per questo Dio l’ha esaltato (Fil 2,6). Terza lettura: La passione del Signore. La passione degli uomini (Lc 22,14).

1) Comincia, con la domenica delle Palme, la Settimana Santa, la Settimana Maggiore. Per i greci antichi, la palma (phoenix/fenix, come la fenice, l’uccello paradisiaco che muore e rinasce) era la pianta simbolo della divinità. Per i romani, la palma rappresentava la forza e il coraggio del vincitore; in molte epigrafi sepolcrali delle catacombe cristiane si trova la palma, intrecciata con il monogramma del Cristo, come emblema del coraggio e della vittoria spirituale. E nella cultura antica, la palma era sostituita spesso dall’ulivo: la colomba di Noè porta nel becco un rametto di ulivo. La pianta in cui fu intagliata, secondo la tradizione, la croce di Cristo, era un ulivo. E noi porteremo nelle nostre case l’ulivo benedetto per ricordare che la Settimana Santa riassume una straordinaria storia di sofferenze ed amore, di agonia e gloria. Il testo fondamentale di questa storia è il racconto della Passione.

2) Quando rileggo il lungo racconto della Passione, la mia mente si sposta altrove. Mi ritrovo nella chiesa della mia infanzia, ove mi pare di riascoltare la lettura a varie voci (Cristo, lo storico, la folla). Qualche volta io stesso ho partecipato a quelle letture. Quello che mi è rimasto dentro, e mi fa ancora vibrare, è la lettura della Passione che udivo, da bambino nella mia chiesa. Era e rimane una lettura tragica e stupenda. Una volta la fece il mio professore di italiano, che non sapevo fosse religioso (e forse non lo era). Da allora gli volli bene come un padre e lo vidi quasi intrecciato alla storia della salvezza. In nessuna letteratura esiste sicuramente qualcosa che per densità, rapidità, drammaticità sia paragonabile al racconto della Passione! Devo tanto alle emozioni di quella lettura, che si ripete ogni domenica delle Palme! Se ho mai scritto qualcosa di valido, il meglio l’ho imparato da quelle pagine di miserie e di nobiltà.

3) La liturgia di questa domenica è come un portale solenne che ci introduce nella Settimana Santa. Centro della liturgia è la lettura della passione di Gesù secondo Luca, una narrazione che parla da sola, attraverso la forza degli eventi stessi. È vero quanto ha scritto lo studioso tedesco Martin Kähler, secondo cui “i Vangeli sono la narrazione della passione con una estesa introduzione”. Senza la morte e risurrezione, Gesù sarebbe al massimo un grande maestro di vita e di pensiero! Perciò il riferimento alla Passione del Signore non è facoltativo ma essenziale. Nella sua passione ci viene rivelata la gloria che ci aspetta, avvolta però nelle tenebre della sconfitta. La passione e morte di Gesù sono il segno della sua reale umanità e della sua autentica fraternità con noi. Il Cristo non è un’idea o un mito o una meteora, ma una persona concreta, innervata nelle nostre coordinate spazio-temporali. Scrive Ferruccio Parazzoli nel suo romanzo Il giro del mondo: “Non è una religione di fantasmi la nostra, non di anime spoglie e rilucenti, ma di corpi, questi nostri corpi così come sono, gloriosi e miserabili”.

4) Ma il racconto di Luca, se si fermasse qui, sarebbe solo una storia esemplare, come quella dell’eroe greco che si immola per una causa giusta, e la nostra sarebbe solo una commemorazione storica, anche se solenne. No! Colui che ora soffre e muore è anche il Figlio di Dio. La narrazione storica diventa allora un atto di fede, una preghiera al Signore della vita, un appello a prendere anche noi ogni giorno la croce di morte e di vita. Inoltre, la Passione di Gesù ci scopre che il mondo vive nella violenza. È una scoperta spaventosa, che comunica un senso di impotenza; lo provano non solo i tragici fatti di cronaca, ma anche le esperienze quotidiane; ormai i confronti tra epoche negative ed epoche positive sono impossibili; la violenza è onnipresente; cambia nomi e forme, arriva a travestirsi di legalità, di ordine costituito.

5) La Passione del Signore è lo svelamento della violenza che coinvolge, in una medesima complicità, i potenti e le vittime dei potenti: i soldati che offendono Gesù sono vittime anch’essi dei potenti, sono dentro la loro ideologia. Nessuno si illuda! Anche stare fermi o nascondersi è compiere violenza. Non si esce da questo mondo! Occorrono molti colpi di martello per configgere un chiodo; molti colpi di frusta per piagare una spalla; molte spine per formare una corona. E l’uomo fa parte di quest’umanità che condanna l’Uomo! Non ha importanza che tu sia di quelli che colpiscono o di quelli che guardano.

6) La Quaresima è finita. Incomincia la Passione di Cristo. Voi, che parte intendete prendere alla sua sofferenza? Il Vangelo non è una leggenda o una storia passata: è una profezia. Quanto è avvenuto, sempre avverrà. Il Vangelo descrive come Dio tratta l’uomo, e come l’uomo maltratta Dio! Tutti noi siamo descritti nel Vangelo: siamo previsti e nominati, e basta che apriamo il Vangelo perché possiamo riconoscerci. Vediamo anzitutto i milioni di indifferenti, di vili, la silenziosa maggioranza di quelli che se ne lavano le mani, e che sono i veri responsabili, perché tante ingiustizie non si commetterebbero se i “giusti” alzassero la loro voce: la tracotanza dei pochi poggia sull’indifferenza dei molti. Poi, migliaia di gente che sta in disparte; gente che nei momenti difficili, come l’apostolo Pietro, “non conosce quell’Uomo”. Tutta gente perbene, va in chiesa e partecipa alle processioni, si entusiasma per i miracoli e organizza gite turistico-culturali a Lourdes o a Fatima, ma quando c’è la croce e il sangue, quando non ci sono più miracoli, quando l’unico miracolo è la fedeltà a prova di croce, allora l’unico coraggio è quello della fuga! C’è anche qualche migliaio di carnefici; questi non mancano mai, e sono sempre gli stessi: l’arrogante con la sua frusta, lo scienziato con la sua scienza votata allo sterminio, il funzionario con il suo implacabile regolamento, lo sciocco con la sua morbosa curiosità, il generale con le sue medaglie sul petto e i cadaveri sulla coscienza. È la medesima vittima, dolorosa, infinitamente paziente ed amante, che volge a noi uno sguardo di tenerezza, di rimprovero, di attesa.

7) Quante vittime, sempre e sempre di più! Giusti sofferenti, innocenti perseguitati, milioni di orfani, di mutilati, di profughi! Guerre fredde e calde, guerre spaziali e stellari! Ma perché andare tanto lontano? Guardiamoci attorno, in casa nostra: non c’è nessuno che soffre, che piange, che ha fame? C’è tanta spazzatura umana, che aspetta di essere affettuosamente raccolta. Chi sarà per loro la Veronica o il Cireneo? Il tempo stringe, si distribuiscono le parti. Bisogna assolutamente scegliere. “Bisogna scommettere!” (B. Pascal). Chi sarà Giovanni, chi Pietro, chi Giuda? Che fortuna! Possiamo scegliere la nostra parte; possiamo essere quello che vogliamo; possiamo diventare, nell’immensa folla degli indifferenti, il servo fedele, il cuore attento, il viso amoroso. Su, andiamo! Non è la fede che ci manca ma il coraggio! Non è possibile che Dio sia nuovamente colpito, tradito. Anche la prima volta non ci potevano credere, ma lo hanno fatto; la prima volta e tutte le altre volte si è sempre pensato che si trattasse di un altro: “Ho avuto fame, sete, e tu non mi hai aiutato!”. Abbiamo trascorso una vita intera nel cristianesimo, compiacendoci di pensare Gesù in trono sulle nubi del cielo; ed invece egli è stato sempre sulla terra, nascosto nel pane e nel vino, disprezzato nell’ultimo, misconosciuto nell’emarginato. Ecco, siamo forzati a decidere, con lui o contro di lui, a dichiarare il nostro nome, il nostro partito. Se in questa Pasqua 2022 riusciamo a compiere questo “salto” nel buio luminoso della fede, conosceremo una vita nuova. Ci capiterà come a Simone di Cirene. In principio, stupito, umiliato di dover portare la croce, provava in sé ribellione e debolezza. Ma poi la sua attenzione si volse a quell’Uomo che gli camminava davanti, a quel Compagno di viaggio, il cui silenzio lo impressionava. Imparò ad osservare l’Altro, la sua instancabile pazienza, la sua prodigiosa capacità di perdonare. Sentì il bisogno di avvicinarlo, e se prima non aveva visto che la croce, alla fine non vide che Cristo, e fu felice di stare con Lui, compagno di croce e di caduta. Questa è la nostra religione: sapere che niente dà tanta gioia come la sofferenza accettata per amore! Buona Vita!

השּׁרשים הקּדשים Le Sante Radici

Per contatti: francescogaleone@libero.it

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *