Ripartire con la cultura

RESTAURO DELLA REALE SALA D’ARMI IN CAPUA

Tredicesima tappa

Circa un anno fa il nuovo Prefetto Ruberto, da poco insediatosi a Caserta, mi chiese delle informazioni e fui contento di accompagnarlo in una visita turistica, insieme con la sua compagna. Oltre all’adozione di una Mater nel Museo Campano, grazie alla guida del TCI  ebbi l’opportunità di poter rivedere alcuni monumenti, che oggi purtroppo sono chiusi al pubblico. Tra questi la Reale Sala d’Armi, restaurata e consolidata alcuni anni fa, ma non utilizzata come bene comune. Ecco un altro gioiello del patrimonio storico che grida vendetta, come i due castelli su cui già ci siamo soffermati (quello Normanno o Delle Pietre e quello “sequestrato” di Carlo V).

Questa Sala è stata per secoli l’emblema di Capua “città fortezza”, al centro di un sistema di difesa maestoso: con i suoi castelli e le torri Federiciane, con le sue enormi caserme, fino ai bastioni sui fossati che la circondavano e la rendevano quasi inespugnabile nei secoli della sua potenza in epoca longobarda e normanna, fino all’età moderna.

Come viene sottolineato in una nota nel sito della che fece i lavori di restauro, l’attuale Sala d’Armi è il risultato di un rifacimento ottocentesco effettuato su una chiesa giudicata dal Granata “una delle più ricche, e ben ornate di Capua. Oggi sussistono all’interno alcune tracce della struttura primitiva, risalente probabilmente al XII sec., riportate in luce durante le operazioni di scavo, riconoscibili in alcuni ambienti corrispondenti alle cappelle laterali ed al coro, verso il monastero. All’interno della fabbrica appaiono le ornamentazioni in stucco, agilmente riassuntive ed espressive, di peducci e volte con curiosi archi convessi.

La trasformazione in Sala d’Armi fu compiuta costruendo una notevole macchina quasi totalmente lignea, comprendente due ranghi di scale di accesso autonome ai due lati, mentre una scala a doppia coclea concentrica serve una sorta di torre centrale, con ingegnosa compenetrazione. I percorsi sono organizzati in modo da consentire una ordinata e veloce movimentazione delle armi sulle rastrelliere disposte tutt’ intorno.

La facciata attuale è stata in parte ridotta o totalmente ridisegnata: un fornice centrale archivoltato si apre in un avancorpo leggermente aggettante, a bugne lisce, sullo sfondo di un paramento a bugne appena segnate; al di sopra, un ampio finestrone semicircolare segna la zona centrale, cui sono applicati lateralmente due ricchi trofei di armi in stucco, tipicamente neoclassici. Alla quota del tamburo si estende una terrazza, forse corrispondente ad un primitivo belvedere delle monache, come a S. Maria delle Dame Monache. I lavori hanno riguardato sostanzialmente il consolidamento delle strutture murarie, il totale rifacimento della copertura ed il ripristino della volta alla siciliana nel livello più alto.

Nell’ultimo intervento si è provveduto al rifacimento di alcune parti di intonaco, al ripristino di stucchi e cornici, al recupero del tavolato e dell’intera rastrelliera lignea. Per garantire una completa fruizione della fabbrica è stato realizzato l’impianto elettrico. I lavori sono stati eseguiti nel totale rispetto del monumento, che poteva essere destinato ad accogliere un nuovo museo., per arricchire l’offerta turistica della città.

Con una struttura a più piani, in cui un tempo erano custodite le armi pronte all’uso delle guarnigioni che presidiavano la città, ci sarebbero le condizioni per realizzare un museo del settore o altra destinazione di carattere artistico e culturale, in coerenza con azioni di valorizzazione della storia millenaria della città. Invece, anche in questo caso, da decenni l’incuria e l’inerzia di chi ha amministrato il comune (insieme agli organi competenti sui beni culturali) continua a relegare questo gioiello incastonato tra altri due monumenti di alto prestigio, come il Castello Normanno da un lato e la piccola ma deliziosa chiesta di Sant’Angelo in Audoaldis – ci cui parleremo in una prossima tappa.

Pasquale Iorio

www.lepiazzedelsapere.it                                        Capua, 16 gennaio 2019

 

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