Ripartire con la cultura

 

Viaggio nei luoghi della memoria e dell’arte di Terra di Lavoro

Quinta tappa

Ridiamo vita al  castello dei Normanni o Delle Pietre  a Capua

Ecco un altro grande monumento che allo stato rimane vuoto, senza alcuna destinazione d’uso, dopo essere stato per anni la sede lella Polizia di Stato. Un altro pezzo fondamentale della millenaria storia della “regina del Volturno” che era stato edificato a protezione della porta orientale della città fortificata, mentre ad occidente vigilava l’imponente Castello di Carlo V (di cui abbiamo parlato in una precedente tappa).

Il “Castrum Lapidum” fu costruito nel 1058, al tempo del Principe normanno di Capua Riccardo I, dall’architetto Poldo, il quale, per la costruzione, utilizzò blocchi calcarei (pietre) provenienti dall’anfiteatro capuano. Ampliato nel 1062 divenne una fortezza edificata per tenere in soggezione i Longobardi vinti e come difesa verso Meridione, cioè dal lato dove il castello manca di un prospetto, distrutto in occasione di successivi ammodernamenti delle fortificazioni. Per la costruzione sono stati utilizzati blocchi calcarei provenienti dal vicino anfiteatro Campano, ai quali si sovrappone, nella torre, un’architettura ottocentesca.

In seguito venne più volte rimaneggiato a seguito delle diverse destinazioni d’uso (difensive, militari, residenziali), conserva della struttura originaria tracce della cinta muraria, parte del corpo di fabbrica principale e una torre completamente in tufo, quadrata con tre grandi finestre bifore, feritoie e merli ghibellini a coda di rondine. Intervento quest’ultimo insieme alla merlatura, eseguito nel 1875, a cura del Genio Militare, allorché la torre venne dichiarata monumento nazionale. Di età aragonese invece, sono le otto finestre inserite nella parte centrale.

Nel 1734 fu adibito ad ospedale per le truppe spagnole e, dal 1806, ad arsenale militare. Della struttura originaria conserva la cinta muraria, una parte del corpo della fabbrica principale ed una torre quadrata a blocchi calcarei alta 27 metri. Questa è suddivisa in tre piani: i primi due, con feritoie, il terzo con tre grandi bifore ogivali, feritoie e merli ghibellini a coda di rondine. Le otto finestre inserite nella parte centrale del castello, invece, sono di età aragonese. Vicinissima è la monumentale Sala d’Armi. La torre  nel 1875 è stata dichiarata monumento nazionale.

Un altro bene comune, denso di storia e di valori, rimane abbandonato sotto gli occhi distratti di tutti, istituzioni e cittadini, con grande meraviglia di visitatori e turisti. Un altro monumento lasciato a deperire, a dispetto della sua possente struttura di epoca normanna. Comunemente viene detto anche delle Pietre perché costruito con le pietre dell’antica Capua. E già questo richiederebbe una adeguata tutela, una sua auspicabile fruizione pubblico, già solo come monumento o meglio ancora come museo in quanto luogo ove si può esporre e  produrre  cultura.

Alcuni anni fa (nel 2016 alla vigilia delle precedenti amministrative) si accese in città un dibattito con delle forti perplessità – espresse da alcune associazioni – riguardo ad un progetto presentato da imprenditori privati  per una presunta valorizzazione contemplato nel “programma opere pubbliche 2016/2018”. Nel progrtto si parlava di “polo di attrazione turistico-culturale“, e fin qui tutto bene; invece da tempo si sapeva (anche pubblicato nel giornale locale “Blocknotes” di Franco Fierro), che la società “Gestitalia” intendeva farne un resort con ristorante e per far digerire meglio il progetto anche un museo dell’alimentazione.  Tale uso ed utilizzo del castello apparve del tutto improprio per un monumento di tale portata. Per noi anche i privati e le imprese possono concorrere all’uso e valorizzazione dei beni comuni  culturali, ma in coerenza con programmi e progetti finalizzati ad una fruizione pubblica. Anche con il ricorso a strumenti come il project financing (con gestione privata della durata di 30 anni dicasi 30!) e con adeguate risorse. Così come è stato fatto nell’antico convento dei Carmelitani destinato dalla amministrazione Antropoli a sede del MAC (Museo Arte Contemporanea) ricorrendo ai POR con una cifra di quasi 4.800.000 euro.

In quella occasione alcuni cittadini ed associazioni proposero di allocare il MAC in una sede più consona, come appunto potrebbe essere quella del Castello Normanno o delle Pietre, in quanto collocato in zona più centrale e in un sito più prestigioso rispetto al convento posto in posizione defilata. Allora la scelta prevalente fu diversa e si è rivelata oltremodo infelice, in quanto ora anche la cittadella delle arti moderne è chiusa per inagibilità della struttura conventuale, dopo un breve periodo di attività espositiva dalla sua inaugurazione. Ecco un altro esempio di cattiva gestione delle risorse pubbliche che da decenni penalizza la città.

Non dimentichiamo che i vari monumenti, a partire dai castelli, dopo il Museo Campano forse anche quello Diocesano, con la meravigliosa Basilica Benedettina, nonché  le chiese longobarde, rappresentano i nostri principali attrattori per i turisti. Farne sede di albergo e ristorante ci pare proprio assurdo.

Dopo Carditello si può ben dire che ora c’è un’emergenza Capua. Grazie all’intervento autorevole dell’ex Ministro Bray, adesso il Real Sito è diventato una buona pratica di rilancio e gestione di un bene culturale di grande valore artistico e storico, grazie anche alla attivazione di un Fondazione ad hoc  che sta operando in modo intelligente, anche in cooperazione con la rete di associazioni e dei volontari di Agenda 21. Ecco una buona pratica ed un modello da seguire. Anche su questo si può riprendere un confronto di merito tra istituzioni, imprese associazioni e cittadini, nell’ambito di una visione e di un programma innovativo per la prossima campagna elettorale.

Pasquale Iorio                                            Capua, 2   gennaio 2019

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