Ripartire con la cultura – La grande Chiesa dell’Annunziata di Capua

 

Ventitreesima tappa

Quando si arriva nel centro storico di Capua fa una tristezza vedere transennata una delle più grandi e belle chiese del nostro territorio, quella dell’Annunziata, che è stata transennata a seguito di rischio crolli. Ancora più aspro diventa lo spettacolo se si guarda ad un angolo della piazza l’antica casa del grande musicista Giuseppe Martucci in totale abbandono e degrado.

Parliamo della principale chiesa cittadina per impatto urbanistico (la sua slanciata cupola si nota su tutti gli altri edifici già a grande distanza dalla città) e la meglio conservata nelle sue fastose decorazioni, essendo stati riparati completamente i devastanti danni del bombardamento alleato del 9 settembre 1943. Fu eretta sotto il regno di Carlo II (1285-1309), in quello stile gotico semplificato che si era diffuso a Napoli (navate lunghe e strette, con cappelle laterali, absidi poligonali ma copertura a capriate) grazie agli ordini Mendicanti.

Il Governo Cittadino, che la descrisse “pericolante” nel 1521 a causa di gravi dissesti statici, ne avviò un profondo restauro, motivato anche dalle mutate esigenze estetiche rinascimentali, lasciando però sostanzialmente inalterate la pianta e le dimensioni. In un primo momento (1531) si attese a un progetto romano (dovuto ad un certo Batista Fiorentino) ma poi, probabilmente, si seguì il progetto di un architetto napoletano. Infatti, napoletano decisamente è lo stile, che richiama nelle planimetria e nelle decorazioni in piperno le chiese costruite nella capitale prima del Concilio Tridentino (SS. Severino e Sossio, S. Caterina a Formiello).

La somiglianza delle soluzioni linguistiche adottate lasciano ipotizzare un intervento del Mormando (Giovanni Donadio) o di suo genero Giovan Francesco Di Palma. In particolare, l’alto zoccolo  in piperno, l’opus reticolatum dell’alto zoccolo, le paraste (scanalate solo per parte dell’altezza), le ornie delle finestre e lo splendido cornicione aggettante (di impronta così classica) sono tutti elementi che trovano riscontri in analoghe e coeve opere napoletane, sacre e profane, dei due maestri citati. La cupola, di cui il solo tamburo è ancora quello originario, fu costruita invece dal capuano Attendolo, su disegno tradizionalmente attribuito a Domenico Fontana. All’epoca barocca si deve il restauro della  facciata con le statue in stucco di S. Rocco e S. Lucia, segno di un mutato gusto.

Nel Settecento nuovi problemi statici  richiesero interventi urgenti alla calotta della cupola, che fu restaurata. L’interno oggi si presenta ricoperto di stucchi settecenteschi  tranne per le parti rinascimentali dell’arco trionfale in piperno, lasciate a vista dal restauro post-bellico per testimoniare la stratificazione storica dell’edificio. E’ una lunga navata unica, preceduta da un atrio interno, su cui posa la cantoria, e da cinque cappelle per lato, anche al di sopra delle quali gira il corridoio destinato agli ospiti del vicino ospedale. Le fanciulle da marito, gli orfani e i degenti ivi ospitati raggiungevano la chiesa, grazie al cavalcavia ancora esistente su Corso Appio. Il transetto, che  non sporge dal profilo delle cappelle, apre una ampia zona presbiteriale coperta dalla cupola. L’altare maggiore è in marmi policromi (bello il paliotto con l’Annunciazione). Nel coro splendidi stalli rinascimentali, qui trasportati dalla Chiesa di S. Benedetto nel 1767, realizzati nel 1519 da maestranze  napoletane; i disegni delle tarsie sono attribuiti a Francesco Cicino da Caiazzo.

Ai due lati, le splendide cantorie secentesche con l’organo su due cori. Sul fondo, grande tela con l’Annunciazione, attribuita a Francesco De Mura. Di ignoto autore napoletano vicino al De Mura è una Ultima Cena nel transetto sinistro e una Visitazione nel transetto destro. L’opera più notevole della chiesa è cassettonato ligneo dorato che ricopre tutta la navata, pagato col lascito di Lucio Paganino di Capua, poeta latino, morto nel 1591. I dipinti furono commissionati ai più importanti artisti del manierismo napoletano, legati allo stile pre-caravaggesco. Le undici tele  rappresentano: Presentazione di Maria (Ignoto), Visitazione, Gesù tra i Dottori, Circoncisione, Pentecoste, Adorazione dei Magi, Natività (tutte di Filippo Vitale: Napoli 1589-1650), Sogno di Giuseppe, Fuga in Egitto (Gian Vincenzo Forlì, noto 1592-1639), Incoronazione di Maria (Fabrizio Santafede), Annunciazione (F.Vitale). Sugli altari delle cappelle (di fattura napoletana del Settecento) sono: S. Lucia (firmata, 1755) e SS. Cosma e Damiano di Sebastiano Conca, Sacra Famiglia di Alessio Elia (napoletano, circa 1700), S. Sebastiano (firmato), S. Antonio Abate (1756) e Immacolata di Paolo De Maio, Madonna di Monserrato di Fedele  Fischetti, Madonna di Costantinopoli di Antonio  Sarnelli (noto 1742-93), S. Michele di Domenico Mondo (1723-1800). La chiesa conserva anche due Crocifissi lignei (sec. XIV e XV) e un Battesimo di Cristo di P. De Maio.

Testo: Pietro Di Lorenzo

 

 

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