S. Messa solenne celebrata da don Franco Galeone nella Chiesa madre della città di Calvi

- 5 aprile 2015 - Domenica di Pasqua –

Cattedrale Romanica sec.XI
Parrocchia di “San Casto nella Cattedrale” – Calvi Risorta (Caserta)

È tradizione salesiana e calena che le celebrazioni eucaristiche nelle solennità del S. Natale e della S. Pasqua presso la Cattedrale romanica, Parrocchia di “S. Casto, vescovo e martire, nella Cattedrale”, dedicata a “Maria Vergine Assunta in Cielo”, e “Chiesa madre nella Città di Calvi”, di cui è parroco il m. r. don Antonio Santillo, personaggio straordinario come sacerdote salesiano, educatore, docente, vengano presiedute dal confratello don Franco Galeone, ‘uomo colto, ha scritto tanti libri, ascoltiamolo’ – ha annunciato don Santillo – ‘per cogliere il messaggio della sua parola e ricordare i nostri defunti’. Numerosi i fedeli che, nonostante la giornata particolarmente uggiosa, temporalesca – meteorologicamente parlando – si sono riversati nella Cattedrale (… risalente all’anno 200 d. C., è una delle chiese più antiche, anche della Basilica di Santa Prassede, la prima chiesa edificata in Roma; sorta sul vetusto tempio dedicato a Diana, dea della caccia, atteso che tutto il territorio circostante era particolarmente pescoso e ricco di selvaggina, è tutt’uno con una meravigliosa cripta che consta, fra l’altro, di 21 colonne dai diversi stili architettonici; l’ultima buona notizia è il recupero e la restituzione dei marmi pregiati trafugati 35 anni fa) per ascoltare la Parola del Signore nella Messa solenne celebrata da don Franco Galeone, con l’encomiabile contributo della ‘Corale S. Casto e l’ensemble costituito dai maestri Gianfranco Bovenzi e Michele Lo Mastro, clarinisti, Giovanni Pino Sannino ed Elena Allegretto, flautisti, Angelo Di Bernardo all’organo, Daniele Capuano e Antonio Sorice al sax. E poi, poi, l’omelia di don Franco. “Voglio innanzitutto ringraziare don Santillo” – ha affermato don Franco – “per le belle parole che ha detto; mi vuole bene, non vede difetti; parla con il cuore ed il cuore non vede e non sente; vengo due volte all’anno in questa bellissima chiesa e don Santillo ci ha spiegato le cose belle che vi sono custodite; ma, in questa chiesa, bella, ricca di tante cose belle, ci siete voi, credenti, cristiani, che vivete giorni di fede, speranza, carità e tanta buona volontà; noi però non siamo venuti qui per fare i turisti ed ammirare le bellezze architettoniche; la società sta diventando più cattiva e non ci sono consentite le piccole, buone azioni di una volta ed è, pertanto, pericoloso fare del bene, oggi; vorrei che tutti noi, tutti noi, pregassimo per questo bambino, Raffaele, che è entrato nella grande famiglia di Dio mentre altri vengono uccisi nei Paesi dell’Islam; stiamo ritornando ai tempi degli antichi cristiani che venivano perseguitati da certi imperatori romani, diventati tali per scelta; oggi, abbiamo dato a Raffaele il battesimo di acqua: vale poco; è da adulti che, con la cresima ed il matrimonio dobbiamo dire <IO VOGLIO>; preghiamo, intanto, per le 150 vittime dell’aereo e le loro famiglie; le parole che si sono sentite nelle registrazioni sono state: <mio Dio, mon Dieu, my God, mein Gott>; a me è venuta spontanea questa associazione: cosa ha detto Cristo in croce? le stesse parole: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? quando siamo nel pericolo estremo, l’Unico cui ci aggrappiamo è il Signore! ecco perché, oggi, siamo anche in chiesa; perché sentiamo che questa civiltà diventa una sofferenza, un dolore; è molto bello stare in chiesa con Gesù, con tutti i martiri e dire anche noi <Dio mio, Dio mio, perché ci stai abbandonando?!?!?!>; preghiamo, accendiamo un cero ma le cose non vanno bene e ci sembra di precipitare sempre più nel sepolcro senza vedere la luce; e c’è questo grido del cuore: perché non scendi dalla croce? perché non fai qualcosa? questa è la tragedia dell’uomo contemporaneo; il Crocifisso divide, Cristo Crocifisso è una realtà diversa dal bambino che nasce a Natale dove il bambino porta gioia, unisce le famiglie: è festa, futuro, speranza; Natale e Pasqua sono diversi: Natale è gioia, è un bambino che nasce; Pasqua nonostante una festa più importante, la festa per antonomasia, la festa delle feste, la madre di tutte le feste dalla quale derivano tutte le altre feste, non ha tanta importanza: è un Crocifisso risorto! noi viviamo il Crocifisso ma con gli occhi vediamo il bambino che nasce, lo tocchiamo, non occorre la fede: c’è, è vivo, lo tocco; per un Uomo che risorge occorre dire: non vedo, non sento ma è vero! quelli che sono andati alla tomba l’hanno trovata vuota ed hanno creduto per fede; quando entriamo nel campo della fede non c’è sperimentazione, non c’è verifica; credo nella vita anche se attorno a me c’è tanta morte; credo in Dio anche se intorno a me c’è il deserto ed ho la disperazione nel cuore; la festa di Pasqua è per gli adulti e non vorrei che si riducesse ad una commozione, ma che la commozione si trasformi in conversione senza ritornare alla routine quotidiana; bisogna cambiare vita”. E l’omelia diventa sempre più inebriante, intensa per emozione, amore, ardore, forte e chiara, senza tanti fronzoli e giri di parole. Un’omelia di grande valenza, un insieme di paralleli, confronti, paragoni e tante considerazioni storiche ed evangeliche che, racchiuse in una sofferta riflessione, hanno generato una domanda stimolante, affascinante e intrigante nello stesso tempo. “Oggi, per il cristiano è una festa coraggiosa e lo dimostrano i nostri cristiani uccisi in Siria; quando vado a messa e non so se ritorno a casa è il nuovo pericolo cui andiamo incontro”, ha sottolineato don Franco che ha continuato evidenziando che “Pasqua vuol dire passaggio: da una vita banale, egoistica, superficiale, ad una vita – con l’aiuto di Dio – solidale, gioiosa”. Indi la riflessione e la domanda che mette a dura prova chi, oggi, intende essere cristiano! “È difficile, oggi, essere cristiani” – ha continuato don Franco – “dovendo subire soggetti che si scatenano contro i cristiani che professano questa loro fede (V. la strage dei 147 studenti universitari in Kenya da parte di un commando ISIS, per i quali vi invito a pregare): siete disposti ad affrontare tutti i rischi consequenziali fino al sacrificio estremo della vita, a dare la vostra vita per Cristo Gesù? una sola la risposta: per risorgere non dobbiamo aspettare la fine della vita ma dobbiamo fare esperienza di redenzione durante questa vita, altrimenti non risorgeremo mai; la vita terrena è in continuità con la vita eterna; è sbagliato credere che c’è discontinuità, scollamento, fra cielo e terra; nella vita dobbiamo saper scegliere; nella passione possiamo capire il significato di scelta: tutte le persone avevano una parte nella commedia; ma, nella commedia della vita, che parte faccio? come Ponzio Pilato che si lava le mani o come Giuda, traditore e ladro? mi comporto come gli apostoli che si addormentano nel Getsemani o piuttosto come Maria di Nazaret, il cireneo, il centurione? come coloro che stanno alla finestra guardando lo ‘spettacolo’ di Gesù che va al sepolcro o come la Veeronica? quando ci rendiamo conto di aver fatto una scelta sbagliata, dobbiamo tornare indietro; non dobbiamo rischiare di somigliare a Marta, la sorella di Lazzaro che diceva <mio fratello risorgerà dopo la morte>”. “La Pasqua” – ha concluso don Franco – “vuol dire ottimismo perché l’ultima stazione della Via Crucis è la stazione della vita, della resurrezione; nella grotta avviene un’esplosione di vita eterna: il sepolcro è vuoto; il vero cristiano non è mai triste e prega il Padre al quale affida la propria vita”.
Paolo Pozzuoli

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