Storie sull’Autunno

Raccolta di storie per bambini dedicate all’Autunno.

L’AUTUNNO di L. Tebaldi
Un giorno in cui una torrenziale e prolungata pioggia aveva definitivamente rinfrescato l’aria, incontrai nel bosco un uomo dalla barba color ruggine, che portava un paniere di bellissimi funghi.
Buon giorno – mi disse.
Buon giorno – risposi. – È forestiero lei? Non mi pare d’averla mai veduta da queste parti.
Sono arrivato oggi. Rimarrò qui per tre mesi. Sono l’Autunno.
Infatti, eravamo al 23 di settembre.
Tutti i giorni, quando facevo la passeggiata, incontravo l’Autunno.
Scuoteva gli alberi alti dei boschi e ne grandinavano castagne e noci. Si divertiva, anche; lo trovavo spesso che con la punta del dito, intinta nei più svariati colori, dipingeva le foglie di rosso, scarlatto, arancione, giallo… Le foglie dipinte cadevano, cadevano sempre più numerose, e la temperatura s’abbassava.

L’Autunno, che sentiva anche lui il freddo, s’avvolse in un gran mantellone di nebbia che lo nascondeva tutto.
Ma una mattina gelò. Il cielo era azzurro, bellissimo.
Incontrai uno che somigliava tutto all’Autunno, ma che pur non era lui,
Non mi pare: dissi – d’aver il piacere di conoscerla. E forse il fratello dell’Autunno?
Precisamente. Lui è partito col treno di mezzanotte.
Sono l’Inverno é le terrò compagnia per tre mesi.
E da buoni amici ci stringemmo la mano. Il calendario segnava il 21 dicembre.

L’AUTUNNO D’ORO di Gianni Rodari
C’era una volta una bambina che viveva in una grande città con pochi
alberi e non aveva mai visto l’autunno d’oro della campagna.
Quando ne sentiva parlare, domandava a suo padre:
– Ma è proprio d’oro?
– D’oro, d’oro – rispondeva il padre.
E la bambina pensava: “Una volta andrò dove c’è l’autunno d’oro;
prenderò un po’ di quell’oro e mi comprerò 365 bambole, una per ogni
giorno dell’anno”.
Finalmente una domenica suo padre la portò nei boschi. La bambina
guardava incantata gli alberi dorati. Per tutta la giornata camminò nel
bosco d’oro, giocando con le foglie, i funghi e gli scoiattoli.
Era così contenta che si dimenticò delle bambole, perché ogni singola
foglia le pareva più bella di tutte le bambole della Terra.

CHE COS’E’ L’AUTUNNO di R. Schiavo-Campo
C’era una volta un albero molto giovane che non sapeva che cosa fosse l’autunno. Una mattina vide una cosa molto strana: le rondini si stavano preparando a partire. Perchè se ne vanno? – chiese l’albero a uno scoiattolo. Non sopportano il freddo – gli spiegò l’animaletto.. – Sai com’è: è in arrivo l’autunno con le piogge e il vento; poi giungerà l’inverno e ci sarà gelo dappertutto.
Ma come faremo noi che non sappiamo volare?
Oh, io me ne starò al calduccio a casa mia e tu cadrai in letargo.
Che cosa vuoI dire?
Penso che sia come dormire – rispose, lo scoiattolo e se ne andò.
«Chiederò spiegazioni a un gatto» disse tra sé l’albero. « I gatti sicuramente lo devono sapere, per- ché non fanno altro che dormire ».
Passava di lì giusto un gatto e l’albero ne approfittò subito:
Ehi, tu, quando dormi vai per caso in letargo?
E come fai?
Semplice – rispose il gatto. – Giro tre volte su me stesso, mi acciambello e chiudo gli occhi.
« Sarà » pensò l’alberello. Tentò di girarsi, di acciambellarsi e di chiudere gli occhi, ma non ci riuscì.
CI Deve esserci un altro sistema pensò. « Lo chiederò al ghiro »
Beh – gli disse il ghiro tra uno sbadiglio e l’altro -prima devi mangiare tantissimo e diventare grasso, poi ne riparleremo:
L’albero cercò di mangiare il più possibile, ma non ingrassava neppure di un etto. Svegliò ancora ilghiro per chiedergli qualche precisazione e questi gli disse:
Cerca di respirare non più di otto volte al minuto. Quando diventerai freddo, il tuo cuore dovrà battere molto lentamente…
Probabilmente questo era un ottimo sistema per il ghiro, ma il povero albero non riusciva a fare cose così difficili.
Intanto le giornate si erano fatte più fredde; la pioggia cadeva e la nebbia avvgeva i rami dell’alberello.
« Morirò dal freddo », pensò l’albero e, mentre cercava una soluzione al suo caso disperato, sentì che gli occhi si chiudevano.
Senza pensarci, chiuse istintivamente i piccoli tubi entro i quali passava il suo sangue e si addormentò.
Le foglie caddero a terra a una a una e l’albero rimase nudo.

LA FOGLIOLINA SOLITARIA di E. Olivero
Era ormai autunno inoltrato.
Un albero aveva perso tutte le sue foglie, meno una che non voleva staccarsi, per non confondersi con le altre. L’albero, che le era amico, cercava in tutti i modi di convincerla che quello era il suo compito, ma non c’era nulla da fare.
Giunse l’inverno e con l’inverno il gelo: la foglia tremava dal mattino alla sera, e la notte non riusciva a chiudere occhi per i brividi.
L’albero la vegliava con pazienza e senza stancarsi le ripeteva: “Tu non vuoi lasciarti cadere, non vuoi confonderti con le altre foghe e marcire nel terreno; non hai capito che le foglie che cadono non vanno perdute. Cadono nella terra per aiutare una piantina o un fiore a crescere; per tener calde le radici di un vecchio albero, o per far da letto agli animali nelle stalle; graziosa come sei, tu potresti anche essere raccolta da un bambino e diventare uno dei suoi tesori”. A sentire queste parole, la fogliolina
ebbe un brivido profondo di commozione e si convinse che laggiù c’era bisogno di lei, così al primo soffio di vento, si lasciò portare via.
La prima neve che cadde la coprì e la aiutò a penetrare nel terreno: lì conobbe una nuova vita e non si sentì più sola.

L’ALBERO DORME di M. Menicucci
Un bambino molto piccolo non aveva mai visto un albero perdere le foglie.
“Oh” esclamò, quando vide il bell’albero spogliato “mi dispiace che tu sia diventato così! Eri tanto bello!”.
“Non ti rammaricare!” rispose l’albero “Ho perduto la mia veste verde, ma non per sempre. A primavera le foglie ritorneranno e torneranno anche i fiori e i frutti. E tutto sarà come prima”.
“E durante l’inverno che cosa farai?” chiese il bambino.
“Nulla farò” rispose l’albero. “Mi addormenterò di un sonno lungo lungo e così non sentirò il freddo. Ma a primavera mi risveglierò e sarà una bellissima cosa”.
“Verrò a svegliarti io!” disse il bambino. “Ti assicuro che non me ne dimenticherò”.
“Non importa” replicò l’albero allegramente “Non importa che tu venga. Ci penserà il sole, ci penseranno gli uccellini a svegliarmi”.
“Bene” disse il bambino “ma io verrò lo stesso e batterò le mie manine sul tronco”.
L’albero rise dell’insistenza dolce del bambino, poi ebbe un lungo brivido e si addormentò.

LA VITA E LA CASTAGNA di L. Bertelli
Una castagna era rimasta nel bosco, mentre tutte le sue sorelle erano state raccolte e portate via, verso la città. Nessuno l’aveva voluta; chi aveva allungato la mano per prenderla si era bucato le dita perché essa era ancora tutta ravvolta nel suo mantello spinoso. Poi le foglie secche, e poi la neve si erano ammonticchiate sopra la castagna, e l’avevano fatta sprofondare nella terra buia. Come sono stata disgraziata! – pensava la castagna. Valeva proprio la pena di maturare per poi finire cosi. Chissà le mie sorelle come staranno allegre nelle case degli uomini, dove sono sempre accolte con tanta festa! Ora marcirò, e tutto sarà finito. Bel divertimento! Per fortuna la castagna si addormentò, e cosi per molto tempo non ebbe più pensieri malinconici. Poi la neve si sciolse, i torrenti della montagna fecero un gran rumore, e la castagna si svegliò. Qualcuno andava a cercarla li, sotto la terra nera: ed era la Vita, la più meravigliosa di tutte le fate! La Vita era vestita come un raggio di sole, e camminava senza fermarsi mai. Cosi non ebbe paura del riccio dalle cento spine, né della buccia dura, e arrivò fino alla castagna sbalordita. Vieni, amica mia! – disse semplicemente; e continuò la sua corsa, perché altre cento e cento creature, nella terra buia, aspettavano la sua visita. Anche la castagna senti subito un gran desiderio di correre: di salire verso l’aria e il sole. E si mosse frugando impaziente nella terra e non sapeva che non si sarebbe fermata più. Perché da lei nacquero le radici, poi le foglie, i rami, tante foglie ancora. Dopo molte primavere e molti inverni, l’albero si copri di fiori e poi di ricci spinosi. Il cuore della vecchia castagna (che stava nascosto nel tronco) ricordava i giorni lontani. lo mi disperavo per la mia miseria -pensava il vecchio cuore -e non sapevo di aver preparato tanta grandezza. E benediceva la Vita. Ogni cuore deve benedire la Vita; perché essa dà tutto; anche da quello che nessuno vuole è capace di trarre tesori di bellezza e di bontà.

LA LEGGENDA DELL’UVA
Tanti e tanti anni fa la vite non produceva frutti. Era una pianta ornamentale. Un contadino aveva una vite bella e rigogliosa. I suoi rami, carichi di foglie, si allungavano sempre più e coprivano con la loro ombra le pianticelle vicine. “Anche le piccole piante hanno bisogno di sole” pensava il contadino. “Devo perciò potare la vite.” Un giorno egli tagliò energicamente tutti i rami della bella pianta e tolse molte foglie degli altri. La vite ne soffrì e pianse. Quando scese la sera, un usignolo si posò delicatamente sopra un piccolo ramo della pianta e cominciò a cantare per consolarla. Il canto dell’usignolo era così dolce che le stelle si commossero e fecero discendere un po’ della loro energia sulla vite. Allora la pianta sentì scorrere in sé una linfa nuova. Le sue gemme si aprirono e tante foglioline verdi spuntarono sui rami quasi spogli. Le sue lacrime, belle come perle, si trasformarono a poco a poco in piccoli frutti… Al sorgere del sole, dai rami pendevano i primi grappoli d’uva. La vite era diventata così una pianta fruttifera. I suoi frutti avevano l’energia delle stelle, la dolcezza del canto dell’usignolo e il colore del cielo all’aurora.

LE TRE CASTAGNE di Gina Vaj Pedotti
In un riccio spinoso stavano rinchiuse tre castagne: tre sorelle gemelle. Cresci e cresci, spingi e spingi, un bel giorno pac! Il riccio si aprì. Le castagne, una dopo l’altra, caddero. Le due sorelle cresciute a destra e a sinistra del riccio erano belle, con la schiena ricurva, lucida e una piumetta sulla cima. Invece, l.a sorellina cresciuta in mezzo era rimasta una castagnetta da mente. La donna che faceva la raccolta non la volle. Prese le due sorelline belle e la lasciò nel bosco sola e triste. Le due sorelline belle andarono per il mondo. Una fu cotta nella padella e diventò dorata e profumata. La prese un bambino goloso; spalancò la bocca e ahm! la prima castagna non ci fu più. La seconda finì nella cesta di un pasticciere. Il pasticciere la sbucciò, la fece cuocere nello zucchero, la mise ad asciugare. Era diventata dolcissima e scintillante. La comprò una bambina con una boccuccia che pareva una rosa: la fece a pezzettini piccini piccini. Poi i pezzettini piccini sparirono, a uno a uno, in quella boccuccia di rosa: e la seconda castagna non ci fu più. La terza castagna, poverina, così sola nel bosco, si lamentava coi grilli e con le talpe: Le mie sorelline hanno girato il mondo e io resto sola, nel bosco, col freddo dell’inverno, e sotto la neve a marcire. Ma non marcì. A poco a poco sentì qualche cosa di vivo che germogliava dentro il suo corpicino. Una radichetta bianca e forte cominciò a spingersi all’ingiù, a ficcarsi nella terra. Una pianticina tenera e verde cominciò a spuntare all’insù, cercando la luce del sole. Ora, la più piccina, la più modesta delle tre sorelle gemelle è diventata uno splendido castagno, pieno di ricci, di scoiattoli e di nidi.

LA FOGLIA CAMILLA di C. Romagnoni

Il vento del nord, freddo e sibilante, si sveglia dal suo lungo sonno. I! vecchio pioppo lo avverte subito e si affanna ad avvisare tutte le foglioline di tenersi ben strette al ramo per non cadere. Ma (la foglia) Camilla si lascia andare e viene portata via dal vento.
In cielo, sospinta dal forte vento del nord, corre, vola, danza in ampi giri, incontra anche un corvo chiacchierone con cui fa amicizia, vede dall’alto la città piena di luci, ma già comincia ad ingiallire.
Il vento stanco si ritira e Camilla, scendendo piano piano, va a cadere su un paracarro lungo la strada provinciale. Vede camioncini e macchine coi fanali accesi passare avanti e indietro, lei ride e si diverte, ma ad un tratto l’aria sollevata da un grosso camion la ributta via nel prato, poco lontano dal vecchio pioppo. Camilla è stanca, incomincia anche a diventare un po’ secca. Si sente improvvisamente triste e sola: Sorelle foglioline, come vorrei tornare a scherzare con voi.
Non ti preoccupare, bambina mia, e non essere triste e sola! – la consola una voce dolce e sicura.
E Camilla riconosce con gioia la voce di mamma pianta: – Le tue sorelle sono tutte lì, intorno a te.
Camilla apre gli occhi e scopre che il grande prato su cui è finita, ormai di un verde più spento, è tutto punteggiato di macchie brune gialle e rosse delle sue sorelle.


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