Vangelo di Domenica 1 Marzo 2015

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 9,2-10.

“Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

 

Seconda domenica di quaresima (B)
Gesù, trasfigurato e sfigurato
“Commento di don Franco Galeone”
(francescogaleone@libero.it)

La trasfigurazione: un anticipo della Pasqua!
Nella Bibbia, ma anche nella letteratura di tutti i Paesi, l’itinerario di purificazione dell’uomo viene spesso rappresentato attraverso l’impegno (reale o simbolico) di affrontare una scalata, una salita: il Purgatorio di Dante è una difficile montagna. Petrarca descrive il suo passaggio dalla prigionia delle passioni alla libertà dello spirito nella lettera al fratello Gherardo, come una scalata al Mont Ventoux. Morte e vita, penitenza e rigenerazione, quaresima e pasqua, purgatorio e paradiso, luce e tenebra, peccato e grazia … sono gli speculari binomi su cui si fonda la vita cristiana. Continuiamo il nostro percorso quaresimale, ma con attenzione, oggi, alla Trasfigurazione di Gesù, un’anticipazione della sua Pasqua. E’ come una sosta per sapere dove vogliamo arrivare, per riprendere forza e speranza.
Uno spettacolo di magia sacra?
Quando si intraprende un cammino, occorre sapere bene dove si vuole arrivare e cosa ci aspetta. Ecco la pedagogia della Chiesa: dopo averci invitati ad entrare nel deserto, a seguire Cristo in una sequela non facile anche se felice, ci propone la risurrezione che viene anticipata con la trasfigurazione. Ma, attenzione a come decifrare e decodificare questo episodio in codice! Occorre diventare adulti nella fede. Non dobbiamo insegnare una religione che seduce a 10 anni, e rende atei a 16. Per esprimere l’intensità di un episodio, gli antichi ricorrevano al “meraviglioso”. In una lettura infantile, è Cristo a cambiare; ma la trasfigurazione non è uno spettacolo di sacra magia, è una esigenza per ogni cristiano. Anche noi forse abbiamo incontrato persone che emanavano bontà, cultura, pace … e ce ne siamo difesi accusando e criticando. Ricordate il curato di campagna, di Bernanos: il curato è innocente, ma i suoi parrocchiani inventano che è ubriaco, che corre dietro alle ragazzine, che è pazzo … perché se avessero accettato quel parroco santo, avrebbero dovuto cambiare vita!
Attualizzare e interiorizzare
E’ importante attualizzare e interiorizzare: quello che leggiamo nel vangelo si ripete qui oggi e interpella la mia coscienza. Cristo dialogava con le Scritture, pregava sempre il Padre. Gli apostoli, durante un ritiro, si sono uniti a Lui, e ne sono rimasti felicemente contagiati. Gli apostoli, come noi, “conoscevano” tutto di Cristo ma non lo “riconoscevano” come Dio. Da tre anni ascoltavano prediche ma senza nessuna trasformazione. E’ il rischio di tutte le religioni e di tutti i credenti! Tutti possiamo avere le nostre rinascite, le nostre ‘annunciazioni’, le nostre visitazioni, le nostre trasfigurazioni. Ma occorre avere una fede adulta! Nell’attesa, dobbiamo continuare a resistere. Proprio come ci suggerisce D. Bonhoeffer, il pastore evangelico e teologo morto impiccato nel lager di Flossenbürg, nella sua preghiera-poesia: “Fratelli, finché non giunge, dopo la lunga notte, il nostro giorno, resistiamo!”.
Alla fine, sarà luce trasfigurante
Trasfigurazione, in greco si dice “metamorfosi”. E’ facile la tentazione di paragonare il racconto evangelico ai miti della Grecia. Pensiamo, per esempio, alle Metamorfosi del poeta latino Ovidio. In realtà, la trasfigurazione di Cristo è molto più vicina alle gloriose teofanie e cratofanie dell’Antico Testamento. Se nelle metamorfosi greco-romane gli dèi si trasformano in uomini per avventure più o meno galanti, nel Vangelo invece è un uomo che si trasforma in Dio. Si tratta di pochi secondi, come un lampo, una rasoiata di luce, e poi la notte, la lunga notte della vita. Ritorna subito il rischio della fede, la lunga quaresima della ricerca. “Guardandosi attorno, non videro nessuno”. Gesù torna ad essere un uomo come tutti gli altri. Peggio, uno incamminato verso il calvario. Ma una piccola luce si è accesa nel cuore dell’uomo, che non elimina la notte, ma consente di credere all’esistenza della luce, di continuare a cercare fino all’esplosione della luce pasquale. E sarà luce! “Ora conosciamo in modo imperfetto, ma allora conosceremo perfettamente”. Lo hanno intuito i mistici e i poeti, tutti i grandi pensatori: da Goethe, che sul letto di morte invocava più luce, ad Aldo Moro che, prima di essere ucciso, emetteva un grande atto di fede, pur nelle tenebre della prigionia.
L’oscurità luminosa della Trasfigurazione
Questo episodio imbarazza gli studiosi, che discutono sulla vera natura del racconto dell’evangelista Marco: allucinazione, suggestione, visione del tipo di Bernadette Soubirous o di Giovanna d’Arco, leggenda, racconto mitico? Non è questa la sede per approfondire le varie ipotesi. Se proviamo, con un semplice esperimento, a cancellare i particolari “incredibili”, alla fine del racconto restano solo i nomi di Gesù, Pietro, Giacomo, Giovanni! Accettiamo, quindi, senza troppi sofismi, il fatto della Trasfigurazione. Anche perché non occorre essere degli esperti per capire che quelle parole di Pietro (“E’ bello per noi restare qui”), come quel rimprovero a Pietro (“Non sapeva che cosa dire”), ben si addicono al temperamento impulsivo di Pietro e portano il sigillo dell’autenticità. Più che gli studiosi, qui dobbiamo ascoltare i mistici: sul Tabor (ammesso che sia davvero il Tabor) i mistici si muovono come nel loro ambiente, mentre gli studiosi si sentono impacciati tra quelle vesti bianche, morti risorti, nuvole ed ombre … I motivi sono chiari: il mistico parte dal mistero (credo ut intelligam); invece lo studioso parte dalla ragione (intelligo ut credam); la conclusione è che il mistico si trova stordito, ma per eccesso di luce, mentre lo studioso si trova bloccato davanti al mistero.
Ascoltatelo!
E’ utile sapere anche dove Gesù non parla. Egli non parla nei luoghi occupati da maghi o indovini o spiritisti o occultisti … E’ molto precisa la parola di Dio a riguardo: “Non si trovi in mezzo a te chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore” (Dt 18,10). I pagani, per capire la volontà degli dei, consultavano gli astri, le viscere di animali, il volo degli uccelli. Con quell’imperativo di Dio: “Ascoltatelo!”, tutto questo è finito. In Cristo abbiamo la riposta. Ma quei riti pagani sono sempre di moda; quando diminuisce la fede, aumenta la superstizione; quando si addormenta la ragione, la vita si popola di fantasmi; in sociologia esiste questa legge: più si svuota il centro e più si riempie la periferia. E così, giovani e non, arriviamo a pensare che il successo nella vita non dipende dallo studio e dal lavoro ma dal volgere a proprio vantaggio l’influsso delle stelle; che la responsabilità non è mai personale, ma delle “stelle”, come pensava Don Ferrante, di manzoniana memoria. Gesù non parla neppure in tutte quelle rivelazioni private, apparizioni miracolose, messaggi apocalittici, madonne che piangono … Non che Gesù o la Madonna non possano parlare: è avvenuto in passato e avverrà in futuro. Ma occorre essere prudenti, perché tante volte non si tratta di Gesù ma di psicopatici, peggio, di lestofanti, che speculano sulla buona fede dei semplici.

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