Questo racconto del Samaritano (Luca 10, 25-37) si inserisce nell’attualità in modo straordinario.
Chi è quell’uomo “caduto nelle mani dei briganti che gli portano via tutto, lo percuotono a sangue e se ne vanno lasciandolo mezzo morto sulla strada?”
E’ una persona singola ma rappresenta tutti coloro che nella vita sono in cammino, esposti alle insidie del viaggio.
E chi è solo, ai margini, senza fissa dimore, ogni persona che in qualche modo è stata ferita.
E certamente in modo evidente rappresenta i 70 milioni di persone costrette a mettersi in cammino dall’ingiustizia strutturale del mondo, da violenze, oppressioni, guerre, dai disastri ambientali, tutti i migranti.
Chi sono i briganti? Possiamo esserlo in qualche modo tutti noi a motivo dei nostri silenzi, della nostra pigrizia e assuefazione; sono i potenti e i padroni, appartenenti alle lobby, alle multinazionali, ai grandi imperi della finanza e dei capitali; coloro che hanno le più gravo responsabilità nel determinare questo sistema ingiusto, iniquo e disumano. Sono i trafficanti di esseri umani che spogliano i profughi dei loro averi, li colpiscono, provocano al morte con prigionie e torture di ogni genere, in mare, qualche volta sui tir, lungo i disperati cammini della speranza.
Sono coloro che decidono e attuano le guerre. I produttori e commercianti di armi. Sono le mafie che accumulano ricchezza insanguinata e uccido i concorrenti ì, oppositori, gente comune, magistrati e agenti di polizia. Briganti sono coloro che collaborano con le mafie anche le persone delle istituzioni e della politica.
Ancora briganti sono coloro che usano la violenza sui bambini e sulle donne: che derubano la dignità, al voglia di vivere, la speranza.
Su quella strada passa un sacerdote, considerato l’uomo di Dio e della religione del tempio: “Lo vede, passa dall’altra parte della strada e prosegue”. Qualcuno dice che la motivazione è legata alla purità rituale che il contatto con il sangue del ferito avrebbe compromesso, ma di fronte ad una persona ferita questa preoccupazione è incomprensibile-
Di fatto questo sacerdote rappresenta gli indifferenti che si sentono giustificati da qualche motivo e passano oltre senza sussulti e fremiti della coscienza; che l’appartenenza religiosa supporti questa indifferenza assume una particolare gravità ma purtroppo i segni di questo sentire, leggibili in questa società sono purtroppo chiari e diffusi. Quante persone: vescovi, preti, frequentanti le chiese oggi consentono al pensiero negativo e alle scelte disumane nei confronti dei migranti?
Accade poi che passa anche un levita, al servizio del tempio “Lo vede, passa dall’altra parte della strada, lo scansa e prosegue”.
Quest’uomo rappresenta le moltitudini di coloro che giustificano la loro indifferenza perché altri che rivestono una responsabilità maggiore sono “tranquillamente” indifferenti e anche di coloro che affermano “tanti altri fanno così”.
Rappresenta l’immagine del conformismo, delle farsi fatte, dei luoghi comuni. Dell’ubbidienza “non virtù, ma subdola tentazione” come continuano a insegnarci don Milani e i suoi ragazzi di Barbiana.
Poi accade che un uomo straniero, un Samaritano “gli passa accanto, lo vede e ne ha compassione.”
Vivere la compassione guardare con gli occhi del cuore, sentirsi interpellati nella profondità dell’anima, superare indifferenze e paure; è prendere a cuore, prendersi cura e agire come è possibile. Quell’uomo si fa vicino con un po’ di aceto disinfetta le ferite, con un po’ di olio le lenisce. La compassione non è mai statica, ma dinamica, mette in moto, coinvolge. L’uomo di Samaria lo accompagna in un luogo di accoglienza e raccomanda ai responsabili dato che lui deve proseguire il cammino, di mettere tutta l’attenzione possibile a quell’uomo ferito; lui coprirà le spese al suo ritorno.
Agisce con gratuità, cioè libero da ogni interesse, Calcolo, pretesa.
Chi è dunque il prossimo? Ogni persona in bisogno, in qualche odo ferito che noi incontriamo, non sappiamo chi può essere Uil nostro prossimo a cui ci avviciniamo diventando prossimi a lui, il “prima gli italiani” è proprio la negazione di questa prospettiva e attenzione.
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