Una domenica degli ulivi del tutto inedita, con il tempo sospeso che chiede significati.
Il ramoscello di ulivo in mano da parte di tante persone in una comunità festosa che canta non è possibile, ma diventare ed essere bambini e bambine, ragazzi e ragazze, giovani, donne e uomini di pace è possibile ugualmente.
Il dramma che stiamo vivendo ci ricorda ogni giorno che siamo fragili, vulnerabili, interdipendenti. Ci insegna che abbiamo bisogno di responsabilità condivise, di cooperazione e solidarietà a tutti i livelli.
Tante volte ci siamo ricordati che la pace non è solo il contrario, l’assenza di guerra, ma che è molto di più: è un progetto di equilibrio di se stessi con se stessi, dei rapporti con gli altri: persone, comunità e popoli; con la madre terra e tutte le espressioni della vita; è concretezza di giustizia, del rispetto concreto dei diritti umani uguali per tutti o non più tali.
E’ rifiuto della violenza nei pensieri, nelle parole, nelle azioni.
La pace è lavoro, cibo, acqua, salute, istruzione, dignità, uguaglianza, rispetto, fraternità, libertà, dialogo, democrazia, accoglienza, memoria, futuro.
Sgomenti e insieme pensierosi e istruiti da quanto sta avvenendo ci chiediamo a che cosa servano la fabbricazione e il commercio e l’uso delle armi, le guerre spaventose con milioni di morti, che di fatto non servono a nulla nei confronti di un nemico invisibile e terribile come il coronavirus. Ci chiediamo se queste vertiginose spese non dovrebbero invece essere finalizzate alla ricerca medica, alla costruzione di un sistema sanitario diffuso e rispondente nei territori e nelle diverse strutture ospedaliere.
Ci chiediamo cosa significhi la sicurezza e constatiamo l’insignificanza dei decreti sicurezza, come la disumanità dell’avversione e dell’inimicizia verso l’altro diverso, in particolare l’immigrato.
Nella domenica degli ulivi si legge anche la Passione del Signore. La mancanza delle celebrazioni nelle chiese oggi come anche in tutta la prossima settimana può favorire la percezione della solitudine di Gesù di Nazaret: nell’arresto, nel processo, nella tortura della flagellazione, nel tragitto verso il Calvario, luogo dell’esecuzione, nella morte sulla croce.
Ha vissuto fino in fondo la solitudine perché possiamo sentirlo accanto nella nostra solitudine.
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